La pistola fumante non c’è, ma "i proiettili sì: sono i farmaci che hanno ucciso Isabella Linsalata e sua madre Giulia Tateo. A somministrarli è stato Giampaolo Amato, bugiardo seriale che ben conosceva quei medicinali, anche se lo ha negato. Tutti gli indizi portano a lui: o è la persona più sfortunata del mondo, o è colpevole". È toccato alle parti civili, ieri, prendere la parola al processo per duplice omicidio al medico di 65 anni accusato di avere ucciso moglie e suocera nell’ottobre 2021 con un cocktail di anestetico e benzodiazepine.
L’avvocato Maurizio Merlini, per la sorella di Isabella Anna Maria, per tre ore ha incalzato la Corte, spesso guardando negli occhi l’imputato, che scuoteva la testa. Specie quando l’avvocato ha sottolineato la sua "personalità narcisistica, con la tendenza a mentire serialmente e creare una propria verità che muta in base alle circostanze, anche contro ogni ragionevolezza".
Stoccate seguite con attenzione da Amato, seduto tra i propri avvocati Cesarina Mitaritonna e Gianluigi Lebro. "Amato è stato l’ultimo a vedere la moglie in vita, il primo a vederla senza – rincara l’avvocato Merlini –. Quella morte non è stata naturale, né accidentale. Quelli di Linsalata e Tateo sono due delitti quasi perfetti". E sul ragionevole dubbio circa la colpevolezza dell’imputato, su cui in assenza della tanto citata ’pistola fumante’ si gioca il processo, il legale non ha dubbi: "Abbiamo una mole incredibile di indizi, tutti contro l’imputato. Diventano una prova che supera il ragionevole dubbio. La tesi dei consulenti della difesa per cui Linsalata assunse da sé i farmaci a scopo voluttuario e ne diede alla madre a scopo consolatorio, uccidendola e poi uccidendosi per sbaglio, è offensiva, più che difensiva. Offensiva della memoria di una donna che ci è stata descritta da tutti come generosa e solare, estranea a dipendenze o assuefazioni. E del resto non c’è alcuna prova in merito: quelle della difesa sono falsificate per adattarsi a questa versione. Bruttissime pagine di questo processo. Come le menzogne sulle ’dosi’ che la donna avrebbe assunto, rivelatesi non farmaci bensì emoticon di angioletti: Amato è un mentitore seriale, lo afferma chiunque lo conosca. E qui, le difese false valgono più di 100 prove d’accusa". Composito il movente, per Merlini: "Passionale, per l’ossessione che aveva per l’amante; familiare, per placare l’ira dei figli che con lui erano durissimi dopo la scoperta del tradimento; sociale, per non alienare l’aura di perfezione di sé con un divorzio; economico, per assicurarsi la proprietà del suo studio, che condivideva con la moglie". La parte civile ha chiesto un risarcimento di un milione e 100mila euro per Anna Maria. Per Nicola Tateo, fratello di Giulia e zio di Isabella, l’avvocato Francesca Stortoni ne ha chiesti 900mila. "Amato mente su tutto – così Stortoni –. Era l’unico che aveva accesso a quei farmaci, entrambi di uso esclusivamente ospedaliero". Infine, l’avvocato Katia Monti, in rappresentanza dell’Ausl (Amato è accusato anche di peculato, per aver sottratto i farmaci dagli ospedali in cui lavorava) ha chiesto per l’Azienda "una somma non inferiore a 100mila euro".