
Sonia Bergamasco ha diretto anche docufilm sulla grande attrice
Racconta che l’amore per Elonora Duse è nato ai tempi della scuola di teatro, al Piccolo di Milano, quando lei, giovane allieva, salendo le scale si ritrovava dinnanzi una gigantografia della Divina. "All’inizio non comprendevo cosa mi muovesse verso di lei – ha dichiarato – poi mi sono resa conto che l’energia dei grandi artisti è materia viva. Ho riconosciuto la febbre e il coraggio che la animavano". Sonia Bergamasco, in occasione del centenario della scomparsa della grande attrice stroncata da una polmonite a Pittsburgh il 24 aprile 1924, ha diretto un docufilm, ‘Duse, the greatest’, presentato a ottobre alla Festa del cinema di Roma e in uscita nelle sale a febbraio, dove, oltre a lei, compaiono molti artisti quali Valeria Bruni Tedeschi e Fabrizio Gifuni. Racconta: "Con questo film mi sono messa sulle tracce di un’interprete leggendaria che ha illuminato la strada alle generazioni successive. Al centro dell’indagine c’è il corpo e i suoi labirinti. Ha voluto fare luce, come un detective, sul mestiere dell’attrice oggi". Bergamasco, che nel 2014 ha vinto il premio intitolato a questa iconica figura, persegue da tempo un attento lavoro di indagine e studio attorno a un’innovatrice della scena idolatrata perfino a Broadway.
Domani alle 16,30 al DamsLab di piazzetta Pasolini, nell’ambito delle attività del Centro universitario di ricerca La Soffitta, l’attrice sarà protagonista di un reading intitolato ‘La Duse e noi. Ritratto plurale di un’artista’. Una lettura scenica che esplora l’eredità creativa di Eleonora Duse attraverso le lettere ricevute dall’attrice nel corso della sua straordinaria carriera: la testimonianza di una vita irrequieta, instancabile, fragile e determinata. Bergamasco ha lavorato fianco a fianco con Marianna Zannoni, ricercatrice della Fondazione Cini di Venezia, per costruire un ritratto a partire da una selezione dei materiali confluiti nel volume edito da Marsilio ‘Illustre signora Duse. Cento voci dall’archivio dell’artista’. La performance sarà preceduta da un dialogo tra l’interprete e la studiosa con il docente di storia del teatro Matteo Paoletti. In un periodo in cui le sue colleghe si aggrappavano alle tende e giocavano sull’eccesso, la carismatica Eleonora si era affermata come donna indipendente, colta, spregiudicata, antesignana di un femminismo ancora lontano. Non si truccava, recitava in italiano in qualunque Paese si trovasse e vestiva di viola, il colore che i teatranti pensano porti male. Il legame con D’Annunzio, la rivalità con Sarah Bernhardt, le tournée Oltreoceano, il film ‘Cenere’...sono tante le suggestioni legate a questo simbolo del teatro moderno. "Due grandissimi come Chaplin e Strasberg – ha ricordato Bergamasco – concordavano sul fatto che era la più grande artista che avessero mai ammirato. Lei ha portato d’un balzo la nostra professione nel Novecento".
Claudio Cumani