"Ho paura che mi faccia fare la fine di Biagio"

La frase choc pronunciata dalla compagna del coinquilino di Carabellò in un’informativa inviata alla Procura a novembre 2019

Sergio Carabellò mostra una foto del fratello Biagio, scomparso da casa sua in Bolognina

Sergio Carabellò mostra una foto del fratello Biagio, scomparso da casa sua in Bolognina

di Nicoletta Tempera

"Vorrei che fosse punito per quello che mi ha fatto, anche se gli voglio bene. Ma ho troppa paura che torni e che mi faccia fare la fine del suo convivente". La sera del 22 novembre del 2019, la compagna di A. S., il coinquilino di Biagio Carabellò a lungo sospettato di aver avuto un ruolo nella scomparsa del quarantaseienne, era finita in ospedale. Massacrata di botte proprio da A. S., con cui all’epoca conviveva, che per quel pestaggio era stato arrestato e condotto alla Dozza. Mentre la donna aspettava al pronto soccorso di essere visitata, in preda a una grandissima agitazione, si sfogava. E, tra le frasi pronunciate ad alta voce, agli agenti della polizia municipale che l’avevano accompagnata in ospedale e attendevano con la donna, non era sfuggito quel passaggio. Le avevano allora chiesto di spiegarsi meglio, di chiarire a chi e che cosa si riferisse: "Lui sa, ma non è stato lui. È una persona che non si trova", si era limitata a dire. E dopo aver pronunciato queste parole, non aveva più voluto affrontare l’argomento. Gli agenti solo il giorno dopo, controllando il nome dell’arrestato su Google, avevano capito che la donna si stava riferendo alla fine fatta fare a Biagio Carabellò. E quelle parole erano state riportate in un’informativa, inviata alla Procura.

Il caso sulla scomparsa dell’operaio della Bolognina, però, si era chiuso un anno prima, con l’archiviazione richiesta dal pm Stefano Orsi e accolta dal gip. Il magistrato, che aveva coordinato le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo sulla scomparsa di Carabellò, nell’atto si era soffermato con attenzione sulla figura di A. S., ritenuto "persona con precedenti giudiziari connotati da condotte violente". Un uomo che avrebbe potuto trascendere in "condotte omicidiarie (benché preterintenzionali) in danno al mite Biagio nel corso di un eventuale litigio, magari causato da piccoli attriti generati dalla quotidianità di una coabitazione difficoltosa anche sotto il profilo economico". Il profilo, insomma, di un possibile assassino. Ma all’epoca non erano emerse altri elementi a suffragare questa ipotesi. Perché mancavano prove "concrete". Perché mancava il corpo di Biagio. Che invece, ora, è riemerso dalla polvere. E con questa nuova consapevolezza, le parole della compagna di A. S., che adesso si trova in comunità, diventano pesanti come pietre. Parole che dovranno essere approfondite, vagliate, dai carabinieri che sono stati chiamati, di nuovo, a indagare sul triste destino del povero Carabellò.

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