
Giuseppe Martone Jr è il regista del film, in uscita il 2 dicembre, ambientato sotto le Torri: "Ho raccontato chi arriva e cerca un percorso"
Bologna è di nuovo specchio "generazionale", come lo era stata nei libri di Silvia Ballestra, di Enrico Brizzi, o nei film Fortezza Bastiani, Paz, nella sitcom Via Zanardi, 33. Succede con Bologna Brigante, opera prima di Giuseppe Martone junior, napoletano classe 1986, studi bolognesi al Dams musica, un po’ di tempo lontano dalle Torri e poi ritorno qualche anno fa con un progetto in mente: narrare quell’universo "sotterraneo" di giovani che arrivano da tutta Italia per cercare nella nostra città un posto nel mondo, tra caccia alla casa, gli studi da portare avanti, un lavoro per sbarcare il lunario, le notti di sballo, le relazioni forti che si creano. Il film – tante scene sono state girate nella palazzina che fu domicilio di Giorgio Morandi – è stato realizzato da Tiro Production, formato dallo stesso Martone, dal montatore Niccolò Cinti, e dall’autore delle musiche Michele Maccaferri/Malecherifarei, entrambi bolognesi, e sarà in anteprima il 2 dicembre alle 21 al Medica, col sostegno del Circuito Pop Up che poi dal 12 al 31 dicembre lo proporrà all’Arlecchino. Tra i camei in un cast di giovanissimi: Paolo Maria Veronica, Franco Trentalance, Federico Poggipollini. E un ruolo per l’attrice bolognese Elisabetta Cavallotti, con Orfeo Orlando.
Martone, perché Bologna Brigante?
"Perché racconta di un ragazzo calabrese, Pietro, nipote di un brigante famoso, che arriva a Bologna con una missione. Essendo lui una persona molto lontana dalla figura classica di chi arriva in questa città per studiare, mi ha permesso di raccontare Bologna con gli occhi da outsider".
I personaggi sono tanti e tutti molto ben tratteggiati: sono quei giovani che un po’ sfuggono alla comprensione dei bolognesi di una certa età?
"Sono loro, anche perché si tratta di una trasposizione di quello che ho vissuto da fuori sede prima e poi da persona che ha scelto di vivere qui. Tutti i personaggi che ho incontrato nelle case in cui ho vissuto, negli ambienti lavorativi, nei club, nelle botteghe. Ho creato ad hoc delle figure interpretate da attori che hanno mantenuto, secondo una scelta registica precisa, il proprio accento di provenienza. Bologna per me è un grande mercato a cielo aperto, impossibile raccontarla in dizione".
Secondo molti, Bologna ha ormai perso il fascino creativo di un tempo, smarrito nella gioventù degli anni Novanta. Oggi chi sono i fuori sede?
"Una cosa che mi stava a cuore era raccontare come, chi arriva qui da fuori, dia vita alla sua nuova famiglia, di come le relazioni siano fondamentali. I miei protagonisti lavorano nei bar, nella kebabberia, ognuno vive aspettando che arrivi qualcosa. Oggi forse, a differenza del passato, la difficoltà vera sta non tanto nell’arrivare ma nel trovare un percorso, molte persone non sanno proprio cosa fare, la società è instabile, influenzata da cambiamenti repentini e trovare un proprio posto nel mondo è difficile".
Benedetta Cucci