Indagine sulla derisione del corpo "Nel mirino c’è il sovrappeso"

Il questionario è stato sottoposto a cinquanta adolescenti, il bersaglio principale sono i chili in più. La psicologa Rossi: "Il 47% delle vittime messe in ridicolo non parla per la vergogna o la paura del giudizio".

Indagine sulla derisione del corpo  "Nel mirino c’è il sovrappeso"

Indagine sulla derisione del corpo "Nel mirino c’è il sovrappeso"

Attenzione a prendere in giro e fare battute sull’aspetto fisico di un adolescente, sul suo peso, la sua altezza e su come si veste: sono comportamenti che lasciano tracce profonde, al punto che nei ragazzi colpiti da un disturbo alimentare il quadro complessivo tende a peggiorare, unito al rifiuto del cibo.

Insomma, il body shaming, la derisione del corpo, "perpetuata principalmente online può provocare un abbassamento dell’autostima, disturbi ansiosi con conseguente aumento di sentimenti depressivi. E in chi è affetto da un disturbo alimentare, queste pratiche denigratorie possono esacerbare la situazione o aggravare quadri di disturbi dell’umore o di dismorfismo corporeo, ossia la preoccupazione per quelli che vengono percepiti come difetti fisici".

Così Francesca Rossi, psicologa della Neuropsichiatria dell’età pediatrica dell’Irccs Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna dell’Azienda Usl con sede nell’Irccs Sant’Orsola. L’indagine sulla valutazione del proprio corpo e del disturbo alimentare è stata realizzata dalla psicoterapeuta attraverso un questionario anonimo rivolto a 50 pazienti dell’ambulatorio e del day hospital dell’unità operativa.

Il campione è composto da 47 ragazze e tre ragazzi dai 12 ai 17 anni, con età media di 14 anni, e 45 partecipanti risiedono in Emilia-Romagna.

Passiamo in rassegna le diagnosi: trenta adolescenti soffrono di anoressia nervosa, tre di bulimia nervosa, 14 di un disturbo alimentare non specificato e tre di binge eating disorder, ossia il mangiare in maniera compulsiva.

Tra i 50 adolescenti, 34 hanno riferito di avere subito body shaming e 24 di loro, quindi la maggioranza, prima dei 13 anni, i restanti tra i 13 e i 17 anni.

Dal questionario emerge che il bersaglio principale del body shaming è il sovrappeso (38%), mentre per il 17% è l’abbigliamento e il 12% è stato deriso per l’altezza.

E a chi si rivolgono le vittime messe in ridicolo? Il 47% si tiene tutto per sé, chi per la vergogna (24%), altri per la paura del giudizio (20%), alcuni con la convinzione che non sarebbe servito a nulla (17%) e altri per la protezione della propria privacy (17%). Invece, il 28% ne parla con i genitori.

Per il 47% dei partecipanti gli atti di body shaming subiti hanno inciso "abbastanza" sul proprio disturbo del comportamento alimentare e alla domanda su quali segni abbia lasciato il body shaming rispondono con "bassa autostima" per il 35%, con "vergogna per il proprio corpo" per il 32% e con "mi sento diversoa" per il 16%.

Il questionario puntava ad analizzare anche le abitudini tecnologiche dei partecipanti. I devices più utilizzati risultano essere il cellulare (46%) e la televisione (28%) e queste tecnologie vengono utilizzate, da quasi la metà del campione, tra le tre e le cinque ore al giorno, per i social (38%), TikTok e creazione di video (24%) e per guardare YouTube (21%).

"Lo studio condotto dimostra quello che osservo dall’esperienza nella pratica clinica – sottolinea Rossi –, cioè che il body shaming è un fattore di rischio scatenante e di mantenimento per i disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. Nel contesto sociale in cui viviamo, dove lo stigma ‘bello è magrezza’, le più colpite sono le pazienti con anoressia nervosa di età tendenzialmente bassa, a partire dai 12 anni. Le nostre ragazze non rispecchiano l’ideale sociale e quindi diventano vittime, si percepiscono viste come ‘oggetto prodotto’ invece di ‘soggetto persona’, diventando sempre più giudici spietate di se stesse e degli altri".

Donatella Barbetta