
La foto scelta dal capitano dei carabinieri Nevio Monaco per la copertina del suo libro ‘Il capitano deve morire’
La morte di Lorusso e la lunga notte dei carrarmati all’università, la strage dell’Italicus e il sequestro Segafredo, le Brigate Rosse, Prima Linea, Lotta Continua e Ordine Nero, la mafia, le minacce e gli attentati, Alessandra Sandri e l’assassinio del brigadiere Lombardini nella gelida nebbia di Argelato, l’agguato senza scampo al capitano Pulicari, il grande giro delle bische clandestine e l’interminabile latitanza della terrorista Marzia Lelli, tornata improvvisamente in scena dentro a una bara in arrivo dal Portogallo, 35 anni dopo il primo passo nel mistero.
Cronache di una Bologna lontana riportate alla vita in un libro autobiografico scritto da un personaggio che di quell’epoca fu protagonista apprezzato e temuto: l’allora capitano Nevio Monaco, comandante del Nucleo Investigativo dei carabinieri, bersaglio di nemici non sempre nell’ombra, titolare di encomi e riconoscimenti. Un mito per i suoi uomini, un punto di riferimento per la stampa, un incubo per ladri, rapinatori, mafiosi e terroristi. ‘Il Capitano deve morire’, annuncia il titolo del volume nel richiamo di un ciclostilato eversivo, delle minacce e degli attentati messi a punto dalla grande malavita contro l’ufficiale. Di quegli anni di piombo, di quella città segnata dal tempo, ma anche di quell’indimenticabile Italia rigata dai misteri parla oggi alle 17 Nevio Monaco all’Archiginnasio, presentato dall’editore Tommaso Panozzo (ingresso libero). Racconti degli anni ’70 e dei primi ’80 riproposti dalle domande dei giornalisti Claudio Santini e Gianni Leoni, che di quell’epoca scrissero molte cronache. Una carrellata che si allarga dalla collaborazione di Monaco con il generale Dalla Chiesa, ai pedinamenti, all’incontro dal finale tragico con il bandito Vladimiro Casadio, alle bombe, agli assalti, alle manette fino ai banditi gentiluomini come Zanotti Orfeo, che rapinava le banche, ma non i clienti.