
Dopo il braccio di ferro tra i rossoblù, la Lega Calcio e il Milan la partita è stata rinviata a data da destinarsi
di Marcello Giordano
Bologna-Milan è già storia: storia di come il sindaco Matteo Lepore e l’ad rossoblù Claudio Fenucci abbiano messo in scacco la Lega Calcio. Questa volta il calcio è costretto a fermarsi: partita rinviata a data da destinarsi. È questo il verdetto di una vicenda che ha assunto i contorni del braccio di ferro tra chi difendeva interessi pubblici e chi quelli privati e di principio. Bologna non festeggia: "È solo una questione di sensibilità e buon senso", spiegano il sindaco e Fenucci. C’è poco da festeggiare: c’è una città ferita e in ginocchio, un’allerta meteo arancione che prosegue oggi, con scuole, parchi e centri sportivi chiusi. Di fronte a questo, 35 mila persone al Dall’Ara avrebbero rappresentato un rischio per la sicurezza pubblica. Da qui l’ordinanza di Lepore di giovedì, che la Lega non ha preso di buon grado, proponendo di giocare a porte chiuse o in campo neutro, a Como prima e a Empoli poi. Si è così arrivati al braccio di ferro, concluso con un cda di Lega convocato d’urgenza per l’ora di pranzo di ieri a Milano. La Lega ha chiesto di poter giocare a porte chiuse e Lepore ha rigettato la proposta.
Al campo neutro si è opposto il Bologna, che aveva già il sold out, con la metà dell’incasso della partita da destinare agli alluvionati. Il Milan ha spinto per giocare, come confermato dal presidente Scaroni: "Decisione incomprensibile. Non ho capito il perché, ma di fronte all’ordinanza del sindaco abbassiamo la testa". Se per questione di principio o perché Reijnders ed Hernandez dovranno scontare il turno di squalifica nel prossimo turno con il Napoli non è dato sapersi. Non l’ha presa bene neppure il presidente di Lega Lorenzo Casini. Vuoi perché la decisione rischia di creare un precedente, vuoi per i termini usati da Lepore nell’ordinanza, in cui parlava di rinvio, decisione che non spetta a un sindaco: "Siamo rimasti sorpresi dall’ordinanza, generalmente queste decisioni spettano al prefetto. Il presupposto era la presenza di 35 mila persone allo stadio. Si è tentato di interloquire per giocare a porte chiuse, ma dal Comune non c’è stata disponibilità e la scelta è diventata se imporre un campo neutro a 24 ore di distanza o rinviare la partita". Ha dovuto piegarsi: "Il Bologna non voleva il campo neutro e la soluzione non è prevista (d’imperio, ndr) dal sistema, di fronte a un atto amministrativo che impedisce il raggiungimento dell’impianto per incolumità pubblica. Ma non è detto che non si possa fare, è da valutare in futuro, in questo caso una serie di decisioni rischiavano complicazioni".
Il problema è che in un calendario compresso è difficile trovare una data per il recupero: "La prima data utile potrebbe essere a febbraio", spiega Casini. "O a Natale", dice tra il serio e il faceto. Sospiro di sollievo, invece, per il sindaco Lepore, che poi ha ringraziato la Lega Calcio per "la sensibilità dimostrata". E e l’ad rossoblù Fenucci ha aggiunto: "Il rinvio è la scelta più giusta e saggia, che consentirà di salvaguardare l’incasso da destinare agli alluvionati. Giocare a porte chiusa sarebbe stata una sconfitta".