CLAUDIO CUMANI
Cronaca

Paolo Nori e il canto di Raffaello Baldini

Oggi in SalaBorsa lo scrittore presenta il suo ultimo libro ’Chiudo la porta e urlo’ dove indaga l’anima del poeta romagnolo

Paolo Nori e il canto di Raffaello Baldini

Oggi in SalaBorsa lo scrittore presenta il suo ultimo libro ’Chiudo la porta e urlo’ dove indaga l’anima del poeta romagnolo

Si intitola ‘Chiudo la porta e urlo’ il romanzo appena uscito di Paolo Nori che l’autore presenta oggi alle 18 in SalaBorsa con Alberto Rollo e Nicola Borghesi. Edito da Mondadori, il libro attraversa l’avventura poetica di Raffaello Baldini, facendo sciogliere l’immaginazione del poeta romagnolo dentro quella dello stesso Nori in un susseguirsi di caratteri e impedimenti all’apparenza minimi.

Perché la figura di Raffaello Baldini è, a suo avviso, così centrale? Cosa l’avvicina a lui? Come mai in questo romanzo l’immagine di quel poeta sta sempre dietro la sua?

"Come dico nel romanzo, mi sembra che I’ esperienza di leggere Baldini abbia come conseguenza il fatto di rivedere la tua città, la tua strada, i tuoi amici, le tue fidanzate, i tuoi treni, sentire la voce di tua mamma che ti chiede cos’hai, rivedere la prima panchina dove ti sei seduto con una ragazza, la prima volta che hai fatto una firma, quando hai giocato a nascondino da piccolo, la prima volta che hai visto la neve, tutti i coglioni che hai incontrato, tutte le volte che ti sei sbagliato, tuo babbo, tua nonna, i tuoi fratelli, le tue sorelle, la tua barista, la tua macchina, le tue partite a carte, le telefonate, quelle sere che telefonavi e se ti rispondevano o no ti sembrava che potesse cambiare la tua vita, i tuoi gatti, i cani di tuo zio, ‘le chiavi vecchie che non aprono più niente, ma ti hanno aperto tutto’, e che non ti azzardi a buttare via, e dopo che hai visto tutte queste cose, così precise, così vere, così tue e così di tutti, come fai a non parlarne? Come fai a non raccontarlo. Eh? Come fai? Allora non so se, nel romanzo, sono io a essere dietro Baldini o se è Baldini a essere dietro di me ma qualcosa del genere credo succeda".

Ricorda Ivano Marescotti, cita una Romagna intima, menziona un testo quale ‘La fondazione’ appunto di Baldini. Cosa resta di un simile patrimonio?

"Resta tutto, secondo me. Le opere di Baldini sono lì, da leggere, a nostra disposizione e sono stupefacenti: nel romanzo cito una cosa che raccontava Marescotti di una volta che aveva letto le poesie di Baldini in Romagna e alla fine una signora è andata da lui per ringraziarlo e gli ha detto ‘Ma come mi sono divertita, ma son così belle, ma così belle, non sembrano neanche delle poesie’".

Scrive che i libri le piacciono per come la fanno sentire. E aggiunge che Tolstoj, Achmatova e Dostoevskij le fanno vedere le cose come se fosse la prima volta. Qual è il ‘valore aggiunto‘ dei grandi autori russi?

"Quando lesse ‘Il maestro e Margherita’ Eugenio Montale disse che quel romanzo era ‘Un miracolo da salutare con commozione’. La stessa cosa, in generale, io la provo per la letteratura russa".

Nel romanzo fa riferimento a volte alla morte. Che ricordo ha dei suoi drammatici ricoveri ospedalieri?

"Qualche giorno fa una mia amica russa mi ha chiesto di cosa parlava ‘Chiudo la porta e urlo’, e io le ho risposto che parlava di stupidità, di morte, e di un poeta, Raffaello Baldini, che era un esperto in materia. La coglionaggine (come la chiama lui) e la morte credo siano due temi centrali in Baldini e io, nel mio piccolo, anche solo per il fatto che per due volte (nel 1999 e nel 2013), si è diffusa la voce che ero morto, sono un po’ un esperto anch’io, in materia di morte, e in materia di coglionaggine credo di avere un repertorio non indifferente".