La coltivazione della patata in Emilia-Romagna conserva degli aspetti di eccellenza, ma viaggia tra alti e bassi. Dopo il calo costante dal 2014 a causa di clima e parassiti, nell’ultimo anno sono tornati a salire ettari coltivati e quintali prodotti. Un sollievo che però non restituisce del tutto il sorriso ai coltivatori. Riccardo Rocchi, coordinatore Agripat, sintetizza: "Elateridi e cambiamento climatico sono i grandi nemici, però con i risultati della sperimentazione nel 2024 i volumi sono saliti del 20%". Il nemico pubblico numero uno del tubero più amato dagli italiani si chiama Elateride, ma è meglio conosciuto come il "ferretto della patata". È un problemone per la filiera, che in Emilia-Romagna coniuga tradizione, qualità, posti di lavoro e marchi di eccellenza. Questo settore, che ora pare in ripresa anche grazie alla ricerca, sconta però una crisi decennale. "Oggi in tutto il territorio regionale sono coltivati poco meno di 4.000 ettari di patate, concentrati in gran parte negli areali di Bologna, Ravenna e Ferrara, per una produzione di circa 153.000 tonnellate – spiega Rocchi di Agripat, l’associazione che rappresenta il 95% dei pataticoltori emiliano-romagnoli –. Ma dieci anni fa erano molti di più: dal 2014 in regione sono andati perduti oltre 2.800 ettari, circa il 30% del totale, e il 40% della produzione. Parliamo di oltre 100.000 tonnellate". Se cala la produzione e aumenta però la domanda, i prezzi si riflettono poi sulle tasche del consumatore. Che certo non è contento. Rocchi è portavoce dell’intera categoria. "Il cambiamento climatico con l’innalzamento delle temperature ha portato all’esplosione dei danni da elateridi. E le normative dell’Europa hanno tolto ai produttori le poche molecole che permettono dei trattamenti efficaci".
I danni sono consistenti. Nel territorio bolognese, portatore di una lunga tradizione di qualità in questo settore, in dieci anni sono andati perduti il 51% delle superfici coltivate a patate e il 60% dei volumi prodotti. Nel Ravennate siamo rispettivamente a meno 44% e meno 58%. Va meglio a Ferrara, dove crescono produzione ed ettari, perché il terreno sabbioso consente di coltivare altri prodotti come carote, fragole e tabacco, che permettono l’utilizzo in deroga di prodotti fitosanitari efficaci contro gli elateridi e questo stimola le imprese agricole a investire e a specializzarsi anche sulla pataticoltura. Rocchi traccia la linea di speranza. "Il futuro è nella ricerca che sviluppi nuovi paradigmi e allarghi lo sguardo: con il progetto Patatec stiamo diffondendo nuovi metodi di difesa altamente specifici e selettivi, green e sicuri per il consumatore, talvolta mutuati da altre produzioni. Penso alla tecnica ‘attract and kill’ tipica della frutticoltura, che permette di attirare gli elateridi lontani dalle patate per eliminarli in modo selettivo. In altre aree abbiamo sperimentato anche l’utilizzo di speciali teli biodegradabili, che consentono di risparmiare anche tanta acqua nel ciclo produttivo. Lo scopo, visto che gli elateridi si attivano con il caldo estremo, è quello di essere pronti e di anticipare la raccolta delle patate di alcune settimane. Il risultato ci rende ottimisti: l’areale bolognese e quello ravennate nel 2024 hanno registrato un aumento di produzione del 20% rispetto all’anno precedente".