PAOLO ROSATO
Cronaca

Suviana, una comunità sconvolta. La diga, i paesi e la paura: "Il nostro muraglione ferito, ora sarà dura ripartire"

Dagli anni Trenta del secolo scorso la valle si è plasmata attorno al bacino artificiale. Il profondo legame fra gli abitanti e la centrale dell’Enel: "Qui siamo una grande famiglia"

Bologna, 10 aprile 2024 – Pure la locomotiva di Francesco Guccini sarà passata da lì, nella galleria ferroviaria sommersa che unisce i bacini di Suviana e Pàvana. In questa piccola frazione che sta nell’altra valle, di là con un saltello che finisce in Toscana, vive ancora il ‘maestrone’. A una decina di chilometri dalla diga e dal lago, che sono stati ieri spettatori inermi di un disastro che ha squarciato la carne di un posto del cuore. Su quei fianchi di un Appennino verde e prosperoso, i bolognesi hanno cullato decenni di sogni d’estate. Si correva al ‘mare in collina’, del resto il lago di Suviana dalla nascita della diga in poi è diventato tentacolare.

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Il fumo sopra la centrale idroelettrica di Bargi, poco dopo l’esplosione di ieri
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Dentro la centrale sul lago di Suviana c’erano tre classi in gita

Per la comunità locale, però, il ‘muraglione’, come lo chiamavano durante la costruzione in piena epoca fascista – siamo tra il 1928 e 1932 – è tutta un’altra cosa. I dubbi non erano mica pochi, quando l’amministrazione delle Ferrovie dello Stato, in previsione del futuro sviluppo dell’elettrificazione ferroviaria, decise di dar corso alla realizzazione degli impianti idroelettrici dell’alto Reno e Limentra. Scavi, sacrifici. ‘Reno misero, facciam di te un catino!’, scrissero nei report gli ingegneri mandati da Roma.

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La centrale di Suviana sott’acqua, il video. Ricerche con sub e droni

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Eppure il muraglione non svezzò un figlio misero, altroché, perché il lago compreso nel Parco Regionale dei Laghi Suviana e Brasimone è diventato velocemente la meta di un turismo scatenato. E la diga, a braccetto, è cresciuta come un simbolo. Intrecciando tanti destini di gente che sente un’appartenenza particolare, perché le centrali (la seconda, quella di Bargi, fu costruita negli anni 70) hanno dato lavoro a tutti. E se lavori con il lago, sei del posto.

Quando la Romagna era ancora troppo lontana per alcuni, i bolognesi correvano su a Suviana per stare al fresco. Prendendo la macchina per oltre un’ora, attraversando Casalecchio, Sasso Marconi, poi Vergato e la Rocchetta Mattei, fino a Porretta. Arrivare alle acque di Suviana è ancora come aver fatto tombola dopo un viaggio che sa di radici. Una volta si stava in villeggiatura per una settimana intera, almeno, perché le strutture ricettive c’erano, e la voglia di un rito di famiglia improrogabile pure.

Oggi invece il turismo mordi e fuggi ha contagiato anche quella dorsale appenninica di boschi misti di querce, faggete e rimboschimenti di conifere. Canottaggio, sport acquatici, pesca della carpa (e non solo), camping: tutt’intorno i vari borghi che abbracciano il parco, specialmente d’estate, sono un termitaio di cose da fare. Stranieri tanti, italiani in vacanza pure, su al lago si incontra ancora oggi, tra un percorso e una biciclettata, quel meltin’ pot di frequentazioni che un po’ colora anche il centro di Bologna. Ma guai a pensare alla città, quando si sta a Suviana.

È dura poi pensare, inevitabilmente, alle ripercussioni che una tragedia del genere potrebbe avere sul turismo. La centrale elettrica di Bargi è sangue e carne di un’intera comunità. Amici come parenti, anche se ci hai parlato due volte in due anni. "È un incidente sul lavoro terribile, un dispiacere enorme: è stata colpita un’intera comunità – ha detto il sindaco di Camugnano, Marco Masinara, nel Comune sono comprese diga e lago –, nostra e di Enel che qui ha un forte legame con tutte le persone che da anni lavorano alla centrale".

Masinara ieri, travolto dal dolore di tutta una vallata, ha sentito anche la ministra del Lavoro, Elvira Calderone, oltre al governatore dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Ripartire sarà molto complicato, ma si cercherà di far soffiare la locomotiva, anche sott’acqua.

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