Storia della partigiana che indossava tailleur

Il romanzo di Janna Caroli, illustrato da Federica Aglietti, sarà presentato domani alle 18 alla libreria Stoppani

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Ci sono la fontana di piazza dei Martiri abbracciata dai palazzi rasi al suolo dai bombardamenti, San Petronio circondata da giovani ‘figli della lupa’, il canale ancora a cielo aperto di via Riva Reno attorno al quale si raccoglie la folla in fila per il cibo razionato. E poi i ragazzi che sguazzano nelle pozze provocate dagli ordigni caduti dal cielo, i cortei di protesta delle donne, i proclami, le bandiere e infine il tripudio popolare attorno alle Due Torri di quel 21 aprile 1945. Sono emblematiche le illustrazioni con cui Federica Aglietti ha rievocato Bologna al tempo della guerra, corredando il lungo racconto di Janna Caroli ‘La partigiana in tailleur’ uscito per Minerva nella collana ‘Fatterelli bolognesi’ curata da Tiziana Roversi.

La cosa buffa è che Federica e Janna hanno lavorato a distanza e si conosceranno solo domani alle 18 quando il volume verrà presentato alla libreria Stoppani. ‘La partigiana in tailleur’ è Penelope Veronesi, una maestra elementare che durante la guerra adottò un singolare espediente per svolgere il ruolo in città di staffetta partigiana sotto gli occhi di fascisti e tedeschi: indossare in bicicletta gli eleganti capi confezionati dalla madre (sarta) del fidanzato al fine di destare meno sospetti. "Quando mi è stato chiesto un libro su una partigiana bolognese – racconta Caroli – ho pensato che avrei voluto scrivere di una donna coraggiosa e sopravvissuta alla guerra". Il risultato è questo volume recante sulla copertina un disegno porta Lame (dove si consumò nel ‘44 una cruenta battaglia) e destinato non solo ai ragazzi dagli otto anni su.

Come mai ha scelto proprio Penelope?

"Perché l’ho conosciuta ormai anziana quando si occupava di un centro sociale in via del Pallone. ‘Adesso tocca a voi’, mi disse. Ho ricostruito la sua storia attraverso varie testimonianze e con l’aiuto dei parenti. Proveniva da una famiglia operaia illuminata nella quale tutti i fratelli portavano nomi letterari, da Protogene a Dolcino. Abitavano fuori porta Lame e il padre era un grande divoratore di libri. Protogene fu, tra l’altro, eletto nel primo Parlamento europeo".

Durante la resistenza Penelope era maestra all’orfanotrofio di San Luca?

"E’ proprio così e io immagino che incontri una sua allieva, mandata a servizio in una famiglia fascista, con la quale si instaura una forte amicizia. E’ quella ragazza a parlarle di Irma Bandiera e di quanto accade nella casa in cui lavora. Parto da fatti di cronaca vera e li racconto in maniera verosimile".

Penelope uscì allo scoperto in manifestazioni pubbliche?

"Fu protagonista, con il nome di battaglia di Lucia, di due clamorose proteste delle donne bolognesi sfiancate dalla mancanza di sale e di derrate alimentari. Donne di ogni ceto e credo politico. Cinque giorni prima della liberazione tenne anche un discorso salendo sulla statua di Garibaldi in via Indipendenza". E’ complicato raccontare ai bambini una storia come questa?

"Bisogna avvicinare i bambini in maniera non ideologica, portando loro dei valori".

Claudio Cumani

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