Ferrara ritrova la sua cattedrale, sei anni di restauri (e di scoperte): città in festa per la riapertura

Era chiusa dal 2018, quando risultarono evidenti i danni risalenti al terremoto del 2012. Le parole del vescovo Perego alla folla in chiesa: "Questa è la casa di Dio, del popolo, di tutti"

La cerimonia nella cattedrale finalmente riaperta

La cerimonia nella cattedrale finalmente riaperta

Ferrara, 23 marzo 2024 - Le cattedrali sono nate come punto di riferimento delle comunità, religioso e civile. Edifici di pietra in mezzo a case di legno. È questa, almeno, la storia della Cattedrale di Ferrara, intitolata a San Giorgio e nata nel 1135. Una storia lunga quasi mille anni. Più è un edificio è antico, più la comunità che gli si sviluppa intorno lo vede come imprescindibile. Si spiega in questo modo il fiume incredibile di persone, di fedeli, che ieri ha invaso il centro cittadino e poi la Cattedrale: l’occasione era la riapertura dell’edificio, dopo un periodo di chiusura che, di fatto, dura dal 2018.

In realtà, per rintracciare il motivo di questa chiusura, è necessario risalire al 2012. In particolare al 20 maggio, quando un terremoto scosse l’Emilia e colpì duramente Ferrara, in primis gli edifici di culto, più antichi degli altri, spesso frutto di rifacimenti, di strati architettonici aggiunti nei secoli, seguendo le mode dei committenti, le diverse esigenze legate al culto. Eppure, quando don Stefano Zanella – che in seguito al terremoto divenne direttore dell’Ufficio Tecnico-Amministrativo diocesano –, arrivò per primo in Cattedrale, quel 20 maggio, notò, è vero, qualche pezzo di intonaco crollato, qualche crepa, ma "la Cattedrale sembrava non aver vissuto il sisma".

L’idea era fin troppo romantica. Si fecero rilievi, usando il drone e il laser scanner: "Il danno più evidente – ha spiegato don Zanella al Carlino – era sulla facciata, nelle lanterne sopra la parte centrale, dove c’è il protiro" (questo è il motivo per cui le sculture di Nicholaus, di XII secolo, non sono ancora visibili). Poco male, finché si poteva accedere. Iniziando, però, l’analisi dei pilastri interni alla Cattedrale, "arrivammo a capire che l’edificio non era sicuro e andava chiuso". Era, appunto, il 2018.

Trascorso più di un anno, alla volta del Natale 2019, il Duomo di Ferrara era diventato una città nella città: operai, restauratori, preti, supervisori, soprintendenti…chi lavorava al cantiere, aveva trasformato il cantiere stesso in un luogo di vita. E dalla vita, si sa, nasce la storia: in questo caso, riemerge la storia. "Un operaio che lavorava a un pilastro cominciò a chiamarmi – ha raccontato Zanella –: aveva le lacrime agli occhi, gridava". Il cantiere aveva riportato alla luce un antico capitello romanico: un grifone, "così ben conservato che gli occhi sembravano appena scolpiti". In poche parole, la Cattedrale delle origini è sempre stata lì: sotto ai piedi di turisti e cittadini. Nascosta e presente. I lavori proseguirono, con l’ulteriore compito d i valorizzare questo vecchio-nuovo tesoro.

Ecco perché, passati cinque anni, l’emozione dei ferraresi – quando ieri pomeriggio, alle 17, sono finalmente rientrati in Duomo, ammirando, in fondo, l’abside col Giudizio Universale di Bastianino – è più comprensibile. E condivisibile. Certo, la riapertura è parziale (la navata di sinistra è ancora chiusa, la facciata ancora coperta), ma il fatto che abbia coinciso con la messa della Domenica delle Palme l’ha resa talmente speciale, che per darne la misura servono le parole pronunciate durante l’omelia dall’arcivescovo Gian Carlo Perego: "In questo luogo sacro, in questa nostra Cattedrale, passato e futuro trovano la loro sintesi. Da quasi novecento anni, vigila sulla nostra città: è casa di Dio, del popolo, di tutti".