Zerocalcare, nel diario social che tiene da Venezia81, dice che tra le poche cose che gli sono piaciute "un botto" c’è Playing God. "Un cortometraggio fatto in stop motion con la plastilina, che ti lascia a bocca aperta", per usare le parole del fumettista. Il lavoro di Studio Croma, diretto dal bolognese Matteo Burani, scritto con Gianmarco Valentino e animato da Arianna Gheller, è stato presentato in prima mondiale alla Mostra del Cinema, unico film di animazione in concorso alla Settimana della Critica. Protagonista un’opera d’argilla, abbandonata dallo scultore perché imperfetta. Rigettata come fallimento, tenta di seguire il suo creatore, ma finisce per distruggersi, trovando accoglienza tra le altre opere rinnegate e accettando un destino condiviso di emarginazione.
Burani, cosa l’ha spinta a raccontare questi temi?
"Un sentimento intimo, l’insoddisfazione dovuta a un momento difficile sul lavoro. Una crisi che mi ha portato a confrontarmi con la sensazione di insufficienza e rifiuto. Il corto esplora il tema dell’esclusione sociale e la difficoltà dell’individuo di adattarsi agli standard imposti dalla società".
Gheller, è stata una lunga produzione, durata sette anni. "Abbiamo dovuto affinare le tecniche, arrivare a padroneggiarle. Ci sono voluti tre mesi solo per girare un piano sequenza di una quarantina di secondi". Quali tecniche ha utilizzato?
"La stop motion (video realizzati attraverso scatti fotografici, 25 in un secondo) è una tecnica artigianale: animiamo fisicamente dei personaggi da noi realizzati. Abbiamo usato tre tipi di stop motion. La puppet animation (animazione dei personaggi, che hanno all’interno un’armatura snodabile e sono ricoperti da plastilina), la clay animation (riguarda la modellazione della plastilina) e la pixellation (l’animazione dei corpi)".
Burani, l’argilla rossastra di cui sono fatte le sculture, color mattone, richiama i toni dei portici di Bologna?
"La scelta di ambientare il film in questo contesto è un riflesso della mia connessione personale con Bologna, la città dove sono nato, vivo e lavoro. Per Playing God mi ha ispirato l’opera di Niccolò dell’Arca, Compianto sul Cristo morto, che si trova chiesa di Santa Maria della Vita. Mio nonno Saturno era un calzolaio, aveva una bottega lì vicino e mi invitava ad andare a vedere la composizione".