Caro rette nelle case di riposo, ma la Regione aiuterà chi ha più bisogno. Ecco come

Dieci milioni di euro di extratrasferimenti ai Comuni che poi dovranno decidere come E a chi assegnare quelle risorse. Bonaccini: “Un’intesa importante, continuiamo quindi a supplire all’assenza del Governo, che taglia sulle risorse”

Case di riposo e rette in aumento: nel tondo i, presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini

Case di riposo e rette in aumento: nel tondo i, presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini

Bologna, 7 febbraio 2024 – Avanti con gli aumenti delle rette nelle case di riposo accreditate deliberati il 18 dicembre, ma per i meno abbienti la Regione ci mette una pezza. Una pezza che, nel 2024, vale una dote di 10 milioni di euro di extra-trasferimenti ai Comuni che poi dovranno decidere come e a chi assegnare quelle risorse. Lo prevede l’accordo sottoscritto ieri dai sindacati confederali e dalle rispettive sigle dei pensionati, e dalla Regione Emilia-Romagna, dopo settimane di proteste da parte di Cgil, Cisl e Uil e di famiglie da ogni dove, lungo l’asse da Piacenza a Rimini.

I punti cardine dell’accordo

Due i punti cardini dell’accordo. Il primo: da gennaio 2025, con le nuove regole dell’accreditamento (ancora da discutere) verrà introdotto l’Isee in modo lineare nel calcolo delle rette degli utenti delle Cra.

Il secondo: per il 2024 ai Comuni andranno 10 milioni di euro in più di Fondo sociale regionale per sostenere le famiglie con redditi medio-bassi e bassi nel pagamento delle rette. Nel frattempo, però, verrà istituito un tavolo da hoc tra Regione, Comuni e sindacati per determinare i criteri per la fruizione di quei 10 milioni.

“Un’intesa importante – sottolineano il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e l’assessore regionale al Welfare, Igor Taruffi – che giunge al termine di un confronto proficuo con le organizzazioni sindacali". I 10 milioni di euro, precisano i due, “si aggiungono agli oltre 30 milioni in più che nell’ultimo anno e mezzo avevamo messo sul Fondo regionale per la non autosufficienza. Continuiamo quindi a supplire all’assenza del Governo, che taglia sulle risorse per la sanità e i servizi socio-assistenziali, facendo fino in fondo la nostra parte».

Tutto risolto, insomma? Non proprio. Gli aumenti (4,10 euro al giorno) restano per buona parte dell’utenza, ma quanta ne è toccata non è chiaro: una volta definiti i criteri per l’uso dei 10 milioni si capirà chi dovrà, invece, pagare tariffa piena. Gli aumenti sono scattati da febbraio, perché quasi tutti i territori si sono presi il mese di gennaio per adeguare i contratti con le strutture e quel che pare certo è che, nel 2024, i gestori incasseranno o con retta o con integrazione pubblica le somme promesse. Diverso, invece, lo scenario che si apre nel 2025 con l’introduzione dell’Isee nella modulazione della retta: ci sarà chi pagherà anche di più di quanto sta pagando o verrà utilizzata come retta massima quella vigente oggi dopo l’aumento, con la Regione impegnata a coprire la parte mancante ai gestori?