
Le rianimazioni degli ospedali si riempirono in brevissimo tempo, le strutture furono così costrette a cambiare assetti
Non ci sarà nessun supplemento d’indagine per le lesioni e i decessi provocati dal Covid nelle Cra. Perché, scrive il giudice Silvia Marini, "gli elementi emersi nel corso delle indagini preliminari, non consentono di giungere ad una ragionevole previsione di condanna". E per questo le posizioni dei sei indagati, tutti con ruoli di vertice delle residenze per anziani Caterina e Paradiso, sono archiviate. Il cuore del ragionamento del gip, spalmato in 61 pagine, sta tutto "nell’impossibilità – spiega – di affermare con ragionevole certezza che l’innescarsi e il propagarsi dei focolai, siano stati determinati dalla violazione di norme cautelari alla luce delle misure approntate dalle strutture risultate documentalmente e quali misure diverse avrebbe potuto evitare l’evento ostacola comunque il riconoscimento del reato di epidemia". I reati contestati inizialmente dal pm Barbara Cavallo – che aveva poi chiesto l’archiviazione alla quale si erano opposte le parti lese con gli avvocati Piero Giubelli e Gian Luigi Pieraccini – andavano dalle lesioni (consistite nel contagio da Covid) all’omicidio colposo (determinato dall’aggravarsi delle condizioni; sette le vittime), dall’epidemia colposa ai maltrattamenti (per la grave e prolungata carenza di cure e assistenza).
Parte da un dato di fatto, il giudice Marini: "Notorio che la pandemia da Covid 19 sia stata un evento eccezionale, globale, di rilievo interno ed internazionale, tale da avere determinato lesioni e decessi anche in rilevantissimo numero". Era il 2020, il mondo venne travolto da un qualcosa di subdolo e sconosciuto e ospedali e Cra, con i loro ospiti più fragili, furono i luoghi più martoriati. Ma oggi, spiega ancora il gip, "non è possibile ritenere integrati i delitti colposi" per "l’impossibilità di ricostruire con certezza che morti e lesioni siano dovuti al Covid, che il contatto sia dovuto a violazioni di norme cautelari o di prudenza e non per contatto fortuito nel rispetto delle suddette norme". E ancora, "che sussistesse un comportamento alternativo corretto possibile". Perché il giudizio causale "deve basarsi su dati acquisiti, accertando quali sono le regole prevenzionistiche non rispettate e la loro efficacia in termini di probabilità statistica e logica". Rigettato anche l’addebito dei maltrattamenti, "dagli atti non emergono mai condotte violente". Salvo in un caso, un colpo in testa e un’imprecazione di una operatrice, definito però "condotta occasionale". "Questo decreto – così l’avvocato Marco Linguerri – mette la parola fine al procedimento penale e sancisce quello che noi e i nostri assistiti, fin dall’inizio, abbiamo sempre sostenuto". Mentre il collega Eugenio Gallerani sottolinea "come dopo tre anni di indagini non è emersa alcuna violazione di legge o di protocolli dettati per fronteggiare l’emergenza Covid. Anzi le strutture si sono adoperate il più possibile per fare fronte ai focolai in corso".