ENRICO AGNESSI
Cronaca

Aggressioni in ospedale, l’Ausl: “In due casi su tre le vittime sono donne”

Imola, il direttore generale Rossi è intervenuto davanti alla commissione Sanità: “Nel 90% degli episodi il colpevole è un uomo, è una violenza di genere”. Nel 2022 116 attacchi, 124 nel 2023 e quest’anno potrebbero arrivare a 135

Sono sempre più numerosi i casi di aggressione al personale sanitario

Sono sempre più numerosi i casi di aggressione al personale sanitario

Imola, 29 ottobre 2024 – Le vittime degli attacchi al personale sanitario registrati a Imola sono “per due terzi donne”. E dal momento che “nel 90% dei casi l’aggressore è uomo”, per tali violenze “c’è in qualche modo una caratteristica di genere”. A dare una chiave di lettura diversa del fenomeno purtroppo diffuso anche in città è il direttore generale dell’Ausl, Andrea Rossi.

“Un fatto globale che ha assunto una dimensione obiettivamente non trascurabile anche a queste latitudini”, lo definisce Rossi, intervenendo davanti alle forze politiche e ai sindacati in commissione consiliare Sanità. A chiederne la convocazione era stato nelle scorse settimane il centrodestra, all’indomani dell’aggressione di settembre in pronto soccorso.

I numeri si confermano in crescita. Dai 116 casi di aggressione del 2022 si è passati ai 124 dello scorso anno. E dai 105 registrati da gennaio a luglio 2024 (riportati in un recente tavolo di confronto Ausl-sindacati) si è arrivati oggi a 111, con una proiezione di 135 episodi a fine anno.

“Più della metà sono aggressioni verbali – precisa Rossi –. Nel 25% dei casi, invece, c’è una violenza fisica. E nel restante 20% circa si tratta di danni agli arredi, alle attrezzature e agli ambienti. Una parte di questi episodi sono infortuni sul lavoro, noi ne riportiamo dai cinque ai dieci ogni anno. I servizi più coinvolti sono il dipartimento di Salute mentale, e in particolare la psichiatria ospedaliera; poi le strutture dell’emergenza-urgenza”.

Il direttore generale dell’Ausl punta poi il dito (facendo arrabbiare FdI e Uil) contro la “eccessiva enfasi mediatica” che viene data al fenomeno.

“Ha riflessi negativi – avverte Rossi –. Questi episodi di violenza sono contagiosi: se ne parliamo, tendono a moltiplicarsi e a essere emulati; così come succede con i suicidi. È un ‘effetto palcoscenico’, dicono gli esperti. Sicuramente i giornalisti svolgono un ruolo importante, ma non sono l’unico anello della catena: non bisogna dimenticare il ruolo delle piattaforme social. Qualcuno vuole che si parli di più di questi fatti per delegittimare il servizio sanitario nazionale”.

Il numero dell’Ausl ricorda infine le azioni intraprese, e quelle da mettere in campo, nel tentativo di arginare un fenomeno comune all’intero Paese. Un vero e proprio “decalogo”, quello stilato da Rossi, che va dal rafforzamento della collaborazione tra istituzioni fino alla formazione del personale. In mezzo, un aiuto dal Governo sull’inasprimento delle pene e, tornando sul piano locale, il potenziamento della videosorveglianza e l’annunciato nuovo protocollo per i trattamenti sanitari obbligatori.

Per quanto riguarda la sorveglianza, il decalogo di Rossi comprende il “perfezionamento delle procedure di intervento delle forze dell’ordine” con pulsante di allarme e linea telefonica dedicata, il rafforzamento dei controlli privati e una “vigilanza dinamica con passaggi predefiniti, soprattutto di notte”, da parte di polizia e carabinieri.

Si valuta inoltre una ridefinizione degli ambienti di lavoro, con creazione di isole protette per il personale e, in alcuni casi, l’interdizione dell’accesso ai parenti dei pazienti. Infine, dal momento che gli autori delle aggressioni sono spesso gli stessi, una collaborazione con i servizi sociali per migliorare la presa in carico di queste persone.

“Non ci sono soluzioni miracolistiche – conclude Rossi –, ma azioni concrete per creare una cultura della sicurezza e farla diventare, questa sì, contagiosa”.