
Fano, 12 agosto 2025 – “Sono andati in fumo milioni di euro e non sappiamo come, quando e se potremo andare avanti”. La voce di Giovanni Piscopo, project manager della Carbon Line, è carica di amarezza. Ieri, mentre le fiamme divoravano parte dello stabilimento di via De Nicola, il titolare Michele Pierleoni non era nelle condizioni psicologiche di parlare e ha affidato a lui il compito di raccontare ciò che stava accadendo. Perché ora è fumoso anche il futuro di questa azienda, fondata nel 2012 e fiore all’occhiello della nautica di lusso in vetroresina, che fino a poche ore fa si estendeva su circa 20mila metri quadrati coperti, con un centinaio di dipendenti diretti e un indotto che porta a quasi 300 le persone coinvolte. Un’azienda che nel 2023 ha registrato un fatturato di 24,6 milioni.

Ieri, primo giorno di ferie, i cancelli erano chiusi. Ma all’interno una ventina di persone tra interni ed esterni, in gran parte terzisti, erano rimaste per completare lavorazioni urgenti. All’improvviso hanno sentito piccoli scoppi provenienti da una campata del tetto: “Sono andati a vedere – racconta Piscopo – e in un attimo è divampato tutto. Le fiamme correvano, il fumo ha riempito l’aria. La paura è stata fortissima. Sono fuggiti tutti, cercando solo di uscirne vivi”. Mentre le fiamme si propagavano al magazzino pieno di vetroresina e solventi, solo Frederic, un camerunese di circa trent’anni che lavora come terzista, ha afferrato una manichetta antincendio per tentare di contenere il rogo. “Il rinculo del getto lo ha sbilanciato – spiega Piscopo – e si è bruciato e ferito a una gamba. È stato portato al pronto soccorso e dimesso in un paio d’ore”. Nessuno è rimasto intossicato, ma lo choc è stato enorme.

Il sindaco Luca Serfilippi, sul posto nonostante la febbre alta, ha parlato di “una scena che non si dimentica: ho visto lavoratori piangere davanti a ciò che restava della loro azienda”. Serfilippi sottolinea che la priorità nelle prime ore è stata la salute pubblica, ma non nasconde le preoccupazioni per le conseguenze economiche: “Servirà la cassa integrazione e l’impresa dovrà valutare se trasferire temporaneamente la produzione. La ricostruzione potrebbe richiedere anni”. Dal canto suo Piscopo guarda all’immediato futuro con incertezza: “Siamo un centinaio di famiglie, quasi 200 i terzisti. Lavoriamo per grandi gruppi come Azimut Benetti e Ferretti, ma adesso abbiamo bisogno di sostegno. Dentro c’erano barche quasi finite: alcune sono salve, la gran parte sono andate distrutte. Non sappiamo se basterà per tenere in piedi il lavoro nei prossimi mesi”. Tra i lavoratori c’è paura. “Dobbiamo restare uniti – conclude –: la paura di perdere il lavoro è reale quanto le fiamme che abbiamo visto”.