Barattini saluta la Virtus "Ma lascio qui il cuore"

Il play cambierà club: "Non salire in serie B è stato un grande dispiacere. L’Armata Giallonera è incredibile, cantava anche quando la benzina era finita"

Migration

di Massimo Selleri

Marco Barattini (nella foto Alive) saluta la Virtus. Dopo due stagioni il play alto 175 centimetri e classe 2000 interrompe un percorso che sarebbe proseguito solo in caso di promozione in serie B.

"E’ stata una avventura formidabile anche perché è stata la mia prima esperienza da senior e la Virtus si è rivelata una vera famiglia. A Imola lascio un pezzo del mio cuore".

Il rammarico principale è quello di non essere saliti per giocare il derby?

"Questo è uno dei dispiaceri. In realtà in questi due anni una partita con l’Andrea Costa l’abbiamo disputata durante un torneo. Anche se era una amichevole abbiamo sentito sulla pelle quanto sia importante questa gara e già lì abbiamo dato l’impressione di "poterli andare a prendere". Per questo la delusione di non esserci riusciti è ancora più grande".

Il giorno di pausa in più che i vostri avversari hanno avuto ha pesato sulla finale promozione?

"Cercare alibi è da perdenti per cui non voglio farlo. Abbiamo giocato il 26 giugno con una temperatura di 35 gradi ed è indubbio che questa differenza nel riposo ha avuto un peso a favore di Jesolo".

Perché a Imola l’hanno soprannominata "il folletto bolognese"?

"Sono nato a Bologna e la mia statura non è quella di un gigante".

Lei è un playmaker "tascabile". Quanto carattere bisogna avere per gestire compagni più alti e più fisici?

"Ad ogni contro c’è un pro. Non sempre essere bassi è una sfortuna quando giochi a pallacanestro, ma devi essere bravo a tu a trasformare la tua statura in una dote. Ad esempio ad inizio partita gli arbitri tendono ad essere più fiscali nei contatti per cui tu devi coinvolgere i tuoi compagni perché ci siano più occasioni di conquistare un fallo a favore. Quando la soglia di tolleranza si alza allora devi prenderti tu delle responsabilità sfruttando la tua velocità per spiazzare la difesa avversaria. Ogni partita ha una storia a sé e sei chiamato a leggerla senza forzare. In area ci devi entrare solo se ci sono le condizioni perché chiaro che lì il gap fisico si sente di più".

Quanto vi è mancato il pubblico in campionato, anche alla luce del fatto che nei playoff una rappresentanza ha potuto sostenervi?

"Io ho avuto la fortuna di sperimentare che cosa significa avere il sesto uomo che gioca con la squadra stando sugli spalti e non averlo. Quest’anno abbiamo visto quanto sia desolante disputare una gara in un impianto vuoto. Con La Spezia è stato formidabile sentire, quando eravamo sotto nel punteggio e le nostre gambe non andavano più, i cori continui dell’Armata Giallonera. Sono sensazioni che un giocatore non può dimenticare e che io non dimenticherò mai".