Brognara: "I miei fischi contro i pregiudizi"

Nicole, 23 anni, arbitro. Segni particolari: il carattere: "In campo i calciatori mi hanno sempre accettato senza fare differenze"

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di Matteo Alvisi

Nicole Brognara è una ragazza gentile quanto grintosa di appena 23 anni con una grande passione per il calcio. Prima giocatrice, poi allenatrice e da sei anni pure arbitro. Da Mantova si è trasferita a Imola dove ha ottenuto subito ottimo riscontri tanto da essere in procinto di passare a breve nell’organico regionale di Prima categoria.

Nicole, da dove proviene il desiderio di fare l’arbitro?

"La mia passione è nata per caso, l’ex assistente internazionale Cristiano Copelli ha tenuto un incontro nella mia ex scuola superiore in merito al racconto della sua esperienza e ai benefici che l’arbitraggio gli ha portato e poi ha lasciato i volantini: è stato amore a prima vista. La prima partita l’ho fatta a 16 anni".

La gara più difficile che ha dovuto arbitrare finora?

"È stata una partita juniores regionale: Governolese-Castellana, il derby mantovano, il match che poi mi ha permesso di salire in Terza categoria. È stata dura per la pressione che c’era tra fumogeni, petardi e cori: i ragazzi avevano solo 17 anni".

Un arbitro donna: come la vedono i calciatori in campo?

"In questi anni ho avuto alcune difficoltà per colpa di pregiudizi culturali sulla figura arbitrale femminile, e non parlo di categorie elevate, ma di juniores e allievi, dove i tifosi sono genitori. Ma senza contare l’ambiente esterno, i giocatori mi hanno sempre accettato e soprattutto rispettato, anche in questa mia nuova esperienza a Imola. La maturità acquisita mi ha permesso di rapportarmi con gente più grande (in Seconda categoria ci sono giocatori con l’età di mio padre) senza mai mancare di rispetto, ma soprattutto, immedesimandomi in loro".

La sua qualità migliore?

"Le parole che mi hanno sempre ripetuto è che sono una donna con gli attributi, quindi direi che il carattere è la mia arma principale, senza cui non sarei dove sono e soprattutto non avrei ottenuto il rispetto di tanti giocatori e dirigenti".

Ha un sogno nel cassetto?

"Sarebbe quello di arrivare in regione, visti i numerosi infortuni precedenti che mi hanno bloccato il passaggio. Ora la mia serie A è la Prima categoria e alzerò l’asticella a ogni step raggiunto. Bisogna mantenere sempre i piedi ben saldi a terra se si vuole scalare la montagna".

Che rapporto c’è con i suoi colleghi uomini?

"Ho un buonissimo rapporto, a ogni allenamento ci divertiamo e mi trattano normalmente come dovrebbe sempre essere; non posso chiedere di meglio".

Oltre a fare l’arbitro che altro fa nella vita?

"Fuori dal rettangolo verde sono una studentessa lavoratrice, frequento l’ultimo anno di magistrale di Scienze delle Attività Motorie Preventive e Adattate e lavoro in un’associazione di disabili di Faenza, sia negli asili, come insegnante di motoria, che in piscina come istruttrice di nuoto. Non mi resta molto tempo per altri sport, preferisco fare dei viaggi per tornare a Mantova da famiglia e amici".

Una dedica speciale?

"Alla mia famiglia che c’è sempre stata e ora mi sostiene e supporta anche a distanza, e ad Alberto Mazzeo, ex presidente della sezione di Mantova per avere sempre creduto in me nonostante tutto e tutti".