Dalla Savonarola al PalaRuggi Una rivoluzione che guarda al cielo

Valerio

Baroncini

Come i piaceri proibiti, come gli amori sognati, come le preghiere non esaudite che all’improvviso diventano vera verità, gli Dei del basket hanno deciso di regalare a Imola un derby che per una vita era stato, di fatto, mentale. Immaginifico, ancor più che immaginato. Virtuale. Anzi, fisico, ma a distanza, in un’epoca in cui il distanziamento sociale non esisteva. E ora che è esistito – eccome, se è esistito – il distanziamento cestistico tra Andrea Costa e Virtus è annullato. Se Bologna è Basket City, in una dimensione amplificata dall’eterno dualismo Virtus-Fortitudo, Imola non è da meno. E il suo Circondario pure: pensate che capitale (culturale, umano, sanitario) tra il Santerno, Castello, Castel Guelfo e Medicina. Perché il basket, al netto dell’autodromo croce e delizia, è lo sport di Imola e degli imolesi. Dalla Savonarola dei pionieri al PalaRuggi,dal Palatenda a Faenza e ritorno, dalla palestrina di Santo Spirito con quel suo sapore underground al campetto della Volta, le case (chiese) della pallacanestro sono tante. Diverse. Così come diversi sono stati i protagonisti delle epoche della pallacanestro made in Imola: dagli studenti che aprirono la strada prima della Seconda Guerra mondiale a Ugo Novi, dal Tigro Bernardi alla famiglia Ravaglia, da Carletto Marchi a Enzo Esposito, dagli americani ai ragazzi (imolesi) di oggi, come Nunzio Corcelli e Marco Morara.

C’è qualcosa di mitologico e divino, nella pallacanestro. Torniamo ai ganci cielo sotto l’orizzonte della Savonarola, o al cortile di Palazzo Monsignani. Una volta un grandissimo come Bill Russsell disse questo: "Il basket è l’unico sport che tende al cielo. Per questo è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre a terra". La pallacanestro è stata rivoluzione anche a Imola, ha portato i professionisti, ha appassionato migliaia di persone ogni domenica e ora questo derby cementifica una strada che, dopo la caduta della Virtus a inizio anni duemila, pareva dissestata. Il derby è occasione anche per ricordare i nostri monumenti: Chicco Ravaglia, il miglior giocatore imolese di sempre, strappato alla vita da un incidente stradale a pochi giorni dal Natale del 1999; ma anche altri due atleti scomparsi prematuramente, Luca Bandini e Marco Marchetti, morti mentre vestivano le casacche di Virtus e Castel Guelfo. E poi Andrea Bandini, Augusto Brusa, Gigi Dall’Alpi. Una rivoluzione che guarda dritto al cielo.