Il cold case del primario ucciso a Modena, l’ex medico: “Quella sera dovevo essere lì”

Il prof Volpe nel 1981 era il braccio destro di Montanari e solo per caso non lo accompagnò "In reparto eravamo mal sopportati da molti colleghi. Ma non credo che c’entri con l’omicidio"

Il professor Giorgio Montanari fu ucciso nel parcheggio dell’ospedale di Modena l’8 gennaio 1981

Il professor Giorgio Montanari fu ucciso nel parcheggio dell’ospedale di Modena l’8 gennaio 1981

Modena, 28 giugno 2023 – "Fu terribile, un vero trauma per tutti". Ad Annibale Volpe, ex primario di Ostetricia e Ginecologia del Policlinico di Modena ma soprattutto ’braccio destro’ del prof Giorgio Montanari, trema ancora la voce. Quel dirigente sanitario ucciso l’8 gennaio del 1981 nel parcheggio dell’ospedale di via del Pozzo era colui che, a Messina, lo aveva promosso aiuto primario e che pochi anni prima gli aveva chiesto di seguirlo sotto la Ghirlandina. Volpe, come il collega Vincenzo Mazza, oltre ad altri camici bianchi, aveva fatto subito la valigia e non ci aveva pensato due volte a dire sì. E oggi, a 42 anni di distanza, anche lui, che è tra le persone che furono più vicine al primario ucciso, non sa darsi una spiegazione sul perché qualcuno avrebbe dovuto odiare Montanari fino al punto di ucciderlo sparando ben 7 colpi di pistola nel buio della notte.

Professore, il ’caso’ è stato clamorosamente riaperto e forse un nuovo elemento porterà alla verità sul delitto. Lei cosa ne pensa?

"Non so nulla davvero. Non so cosa pensare. Montanari aveva ricevuto minacce, lettere anonime, ma mai avrei pensato che l’epilogo sarebbe stato l’omicidio. Non c’è un movente, non c’è un perché".

Lei dov’era l’8 gennaio del 1981?

"Ero a Bologna, in ospedale con mio fratello che era stato operato la mattina. Ricordo che mia moglie (Anna Grasso, ginecologa, ndr ) mi telefonò la sera e mi diede la notizia. Lei era lì, ed era sconvolta".

Di solito andavate insieme al lavoro?

"Sì. A lui non piaceva guidare così tutte le mattine passavo a prenderlo in piazza Roma, dove viveva. E la sera lo riaccompagnavo a casa. Spesso lasciava l’auto al Policlinico, non amava guidare. Ma quel giorno, purtroppo, non c’ero...".

Lei era molto legato a Montanari vero?

"Sì. Gli devo molto a livello professionale. Mi ha valorizzato, mi ha nominato aiuto primario a Messina e mi ha chiesto di seguirlo qui a Modena dove poi sono diventato primario (nel 1994, ndr ) e lo sono stato per 20 anni".

Che persona era Montanari?

"Riservatissimo, schivo. Non faceva molta vita sociale, anzi, per niente. Aveva le idee chiare, era molto bravo. Un uomo di sinistra, aperto ma con un carattere duro. Non si piegava".

C’è chi lega un possibile movente alle sue posizioni sull’aborto....

"Non credo. Lui aveva lasciato libertà a tutti di seguire le proprie idee".

Poco dopo l’omicidio anche lei è stato minacciato di morte vero?

"Sì. Una sera ho trovato sul tergicristallo della mia auto parcheggiata al Policlinico un proiettile. Devo dire che mi sono spaventato molto. Ho avvertito subito le forze dell’ordine ma non si è mai capito chi sia stato".

In quegli anni al Policlinico (e in particolare a Ginecologia) non c’era un bel clima...

"Per niente. C’era un clima terribile, brutto. In tutte le cliniche universitarie. I medici che Montanari aveva chiamato da Messina, me compreso, sono stati mal digeriti da chi era già qui. Però non credo che questo c’entri con il delitto".

Nel 1982 arrivò Andrea Genazzani a guidare il reparto (fino al 1994) le cose migliorarono?

"Subito no. Infatti anche Genazzani ricevette delle minacce. Poi piano piano tornò tutto alla normalità"

Cosa si augura?

"Che si arrivi finalmente alla verità".