Omicidio Montanari a Modena: "La svolta dai verbali. È nell’ambiente sanitario la pista per la verità"

Caso riaperto, parla la criminologa incaricata dalla vedova. “Partendo dalle 1500 pagine del fascicolo dell’epoca sono emerse incongruenze mai approfondite prima”

Giorgio Montanari, direttore della clinica ostetrico ginecologica, ucciso a 51 anni

Giorgio Montanari, direttore della clinica ostetrico ginecologica, ucciso a 51 anni

Modena, 26 giugno 2023 – Sono state riaperte, dopo 42 anni, le indagini sull’omicidio del professor Giorgio Montanari, direttore della clinica ostetrico ginecologica del Policlinico di Modena, freddato a 51 anni da una raffica di colpi d’arma da fuoco nel 1981, nel parcheggio dell’ospedale, al termine di una giornata di lavoro. L’ultimo proiettile, fatale, oltrepassò il sedile del suo Maggiolino. Era la sera dell’8 gennaio. Da allora il caso è stato chiuso e riaperto più volte. Furono ascoltati medici, infermieri, specializzandi e vagliate più ipotesi. All’epoca l’unica testimone era una donna che vide un’ombra allontanarsi. Il colpevole o la colpevole è rimasto senza nome e volto, ma ora – grazie anche alle nuove tecniche di indagine e analisi del dna – il caso potrebbe essere vicino a una svolta e ci sarebbero alcuni iscritti nel registro degli indagati. Il killer, a cui dà la caccia la squadra Mobile della questura guidata da Mario Paternoster, potrebbe essere ancora vivo. La vedova Anna Ponti, 93 anni, non si è mai arresa. "È molto provata ed emozionata per la riapertura del caso, spera di arrivare alla verità e avere giustizia per trovare pace”, spiega l’amica Elisabetta Di Sopra che le dedicò una videointervista (Anna Ponti. Tre vite in una). Insieme hanno contattato la criminologa Antonella Delfino Pesce per trovare qualche traccia sfuggita 42 anni fa agli inquirenti. Pare che l’elemento nuovo sia spuntato dall’analisi di cartelle cliniche. E’ nell’ambiente sanitario la soluzione del rebus. Montanari è stato figura di spicco con eco nazionale per le sue idee: nell’81 entrò in vigore la legge sull’aborto e lui lasciò libertà di coscienza ai collaboratori.

Ciò destò malcontento, pista già vagliata e accantonata. Il movente potrebbe dunque essere personale più che ideologico.

La criminologa Antonella Delfino Pesce, responsabile del laboratorio di genetica all’università di Bari, è la consulente a cui la vedova del professor Giorgio Montanari, Anna Ponti, si è affidata per dissipare la nebbia fitta in cui è avvolto da 42 anni l’omicidio del marito. "C’è un elemento nuovo, si scava nell’ambiente sanitario", spiega.

Dottoressa Pesce, come ha conosciuto questo cold case?

"E’ stato casuale, nella primavera del 2022, stavo guardando alcuni video su Youtube e mi sono imbattuta in una puntata di ’Telefono giallo’, il programma di Corrado Augias, in cui si parlava del delitto Montanari. La vicenda mi ha subito colpito".

Ha già collaborato alla riapertura di importanti inchieste?

"Sì, ho fatto riaprire il caso di Nada Cella (segretaria di uno studio di commercialista, uccisa nel 1996 in provincia di Genova, ndr). Questo è il più noto ma ce ne sono stati altri".

Per Montanari quali sono state le sue prime mosse?

"Mi sono documentata, ho trovato alcuni articoli del giornalista modenese Pier Luigi Salinaro, che nel 1981 si occupò della cronaca del delitto. Mi ha messo in contatto con la vedova che vive a Venezia, è stata lei a darmi l’incarico come consulente".

Ha fatto un salto indietro nel tempo...

"Ho avuto i verbali, che la stessa vedova aveva richiesto. Erano scoloriti e battuti a macchina, li ho riletti e riordinati. Erano circa 1500 pagine. Mi sono dedicata all’archeologia del fascicolo, nel frattempo digitalizzato".

Cosa è emerso?

"Negli anni sono state vagliate e perseguite varie piste, le ho rianalizzate tutte. E dai verbali è emersa una pista nuova. Sono spuntate incongruenze che non erano state approfondite".

Ha fatto ricerche sul campo?

"Sono andata più volte di persona al Policlinico di Modena, ho fatto un sopralluogo nel parcheggio dove è avvenuta l’aggressione. Non era molto diverso rispetto a 40 anni fa. Ho anche avviato una rete di colloqui. Ho fatto una ricostruzione a 360 gradi scavando nell’ambito del Policlinico".

E’ convinta di aver trovato la chiave per risolvere il caso?

"Un caso, in Italia, può essere riaperto solo se c’è un elemento nuovo e l’abbiamo trovato. Sono convinta della validità della relazione che abbiamo consegnato alla Questura di Modena".

Ora cosa succederà? Ci sono indagati?

"Il caso è stato riaperto ma c’è il segreto istruttorio, come consulente di parte sarò informata dal momento in cui saranno effettuate analisi irripetibili".

E’ in contatto costante con la vedova?

"Sono in contatto tramite Elisabetta Di Sopra (film-maker, ndr). La vedova a 93 anni è lucidissima, una persona colta che non si è mai arresa".

Su Montanari, che idea si è fatta?

"Montanari era un medico che faceva ricerca, era eccezionale, incorruttibile, un medico che non conosceva l’arte del rammendo. Aveva un carattere forte e deciso. E posso dire che sono rimasta delusa di non trovare, al Policlinico, una targa che lo ricorda. Lui ha dedicato tutta la sua vita al lavoro, è morto sul luogo di lavoro. Ho trovato, invece, una Procura e una squadra Mobile sensibili e reattive. Di questo io e Anna siamo grate".

Si parla di indizi trovati nelle cartelle cliniche. E’ scartata la pista relativa alle idee liberali di Montanari sull’aborto?

"Posso solo dire che è una pista veramente nuova e che si scava nell’ambiente sanitario".