Imprenditore va in carcere: "Frodi fiscali proseguite anche dopo l’arresto"

La Finanza ha trovato anomalie nei bilanci delle società riconducibili a Sciava. E’ così scattato l’aggravamento della misura cautelare. Il legale valuta il ricorso.

Imprenditore va in carcere: "Frodi fiscali proseguite anche dopo l’arresto"

Imprenditore va in carcere: "Frodi fiscali proseguite anche dopo l’arresto"

E’ tornato dietro le sbarre, a seguito dell’aggravamento della misura cautelare, il noto imprenditore mirandolese Massimiliano Sciava, arrestato due anni fa. Sciava, che lavora nel settore della somministrazione di manodopera, era finito a processo per i reati di indebite compensazioni, dichiarazione fraudolenta, omesso versamento Iva, autoriciclaggio, falso in bilancio e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte. Sabato, su delega della procura modenese, la Finanza ha eseguito un’altra ordinanza, emessa dal tribunale collegiale di Modena che ha previsto l’aggravamento della misura cautelare – da arresti domiciliari a custodia cautelare in carcere – cui era sottoposto il mirandolese. Sciava, che il dieci aprile è stato condannato in primo grado (sentenza non ancora definitiva), è accusato di aver continuato a commettere frodi creditizie, generando crediti di imposta fittizi nonostante si trovasse appunto ai domiciliari; nei suoi confronti e in quelli di altri indagati la guarda di Finanza aveva anche dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo d’urgenza per circa 8 milioni di euro.

Ora è arrivato pure l’aggravamento della misura. "Prendiamo atto dell’ordinanza che valuteremo analiticamente – afferma il legale che lo rappresenta, l’avvocato Carlo Benini – e decideremo se impugnare al Tribunale del riesame; le condizioni di salute del nostro cliente sono totalmente incompatibili con un regime detentivo".

Secondo le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Modena, l’imprenditore, nonostante fosse da dicembre nuovamente sottoposto a misura cautelare personale avrebbe continuato – mediante l’indicazione nei bilanci di società a lui riconducibili, non realmente operative, di voci contabili per importi miliardari (in euro) – a generare milioni di crediti di imposta inesistenti, che sono stati in parte utilizzati. Tutto ciò anche sfruttando indebitamente alcune agevolazioni fiscali riconosciute dal Governo nel periodo della pandemia da Covid-19. Avendo reiterato il reato di indebite compensazioni e trasferito all’estero e movimentato – secondo le indagini – somme di denaro derivanti dai reati tributari nonché violato il divieto di comunicazione cui l’imprenditore era tenuto durante gli arresti domiciliari il tribunale, su richiesta della procura, ha disposto quindi l’aggravamento cautelare. Una decisione volta a stroncare condotte che immettono nel tessuto economico crediti di imposta inesistenti attraverso operazioni "tossiche", che danneggiano gravemente l’interesse erariale ed alterano i principi della leale concorrenza.

v.r.