Ladurini, trionfo e saluti

"Ho vinto il torneo della Montagna con il Montecreto. Ma non torno ad allenare"

Ladurini, trionfo e saluti

Ladurini, trionfo e saluti

"Adesso abbiamo un paio di cene per festeggiare come si deve e poi torno nel mio letargo da panchina…". Nemmeno il successo da montecretese doc col suo Montecreto al 50esimo Torneo della Montagna farà cambiare idea a Simone Ladurini, tecnico dei biancazzurri che si è rimesso in panchina a 4 anni di distanza dall’ultima volta, ma da domani tornerà ad occuparsi solo di lavoro e famiglia. Un viaggio sportivo di emozioni da Polinago – guidato da febbraio a maggio 2019 per l’ultima volta, dopo averlo allenato anche in Eccellenza – a Polinago, dove sul rinnovato campo in sintetico si è giocata la finale vinta ai rigori col Montefiorino.

"Il Montefiorino ha fatto una grande gara – spiega Ladurini – ma fossimo stati sul 3-0 a fine primo tempo ci sarebbe stato poco da dire, la differenza di valori era netta. Poi sull’1-0 l’episodio con Salatiello che ha colpito uno dei nostri vicino alla panchina ci ha un po’ destabilizzati, lì abbiamo smesso di giocare e abbiamo rischiato di rovinare tutto". Nella ripresa Ladurini si è affidato ai "vecchi terribili" della sua panchina, il 40enne Perziano, il 41enne Frodati e il 43enne Fausto Ferrari, tutti a tre a segno ai rigori. "Ho provato a centellinarli fra caldo e acciacchi – spiega col sorriso – anche perché sapevo che non mi avrebbero tradito. Perziano pur da allenatore con la Flos Frugi quest’anno si è schierato per qualche minuto, Ferrari è uno che tirava col Brescello i rigori sotto la Fiesole contro la Fiorentina, mentre "Rolli" (Frodati, ndr) a Lama i gol li fa sempre. Davitti aveva un dolore dietro la coscia e l’ho dovuto togliere, ma non volevo metterli tardi come l’Inghilterra contro l’Italia con Rashford e Sancho…". Un successo per Ladurini alla Ferguson, visto che la squadra l’ha allestita lui. "Quando Ferrari in inverno – conclude - mi ha chiesto di dargli una mano ho chiamato tanti ragazzi che avevo allenato come Di Stasio, Bosi, Sernesi e Chiea e poi il mio amico Fosco, ds del Masone il cui figlio gioca col mio al Sassuolo, mi ha suggerito Tascedda, che è stata la grande rivelazione. Se torno ad allenare? Non ci penso nemmeno, fra famiglia e lavoro non riesco più. Il calcio lo vivo seguendo mio figlio Alessandro, la panchina la lascio agli altri, almeno fino alla prossima estate quando difenderemo il titolo…".

Davide Setti