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"Quando Toro fece sognare Pavullo"
C’era tutto un paese sul nostro Appennino che si era innamorato di Jorge Toro, il campione cileno che ha fatto grande per 7 stagioni il Modena e che è scomparso sabato in patria, all’età di 85 anni. Quindici anni dopo la sua fortunata esperienza da calcatore in maglia canarina (154 gare e 19 reti dal 1963 al 1969 e poi nel 1970-71), Toro era tornato nella nostra provincia, a Pavullo per allenare la Virtus Pavullese e insegnare calcio ai giovani. In quella squadra, che nella stagione 1986-87 vinse la Coppa a Ozzano Emilia e poi conquistò il salto in Promozione grazie al 2° posto alle spalle del Castellarano, c’era anche Stefano Antonelli, allora giovane centrocampista classe 1969 lanciato in prima squadra l’anno prima a 16 anni da Goldoni e sbocciato proprio con Toro. "Posso dire di avere avuto la fortuna di avere tanti bravi allenatori – spiega Antonelli, attuale tecnico del Colombaro in Prima categoria – e anche di conoscere un uomo come Toro che è stato unico per quello che mi ha saputo dare dal punto di vista tecnico e morale. La notizia della sua morte mi ha colpito nel profondo, abbiamo ancora una chat whatsapp con quella squadra e siamo rimasti tutti segnati. Personalmente ero rimasto in contatto con la figlia che mi aggiornava sulle condizioni, sapevo che era malato ma alla morte non si è mai preparati".
L’arrivo del campione cileno in Frignano quell’estate del 1986 fu un evento che incantò un intero paese. "Il nostro presidente Gazzotti – ricorda Antonelli – assieme a uno sponsor riuscì a convincerlo e Pavullo si fermò per lui, mi ricordo la presentazione al Bar Frignano con la coda fuori dal locale, uno stadio "Minelli" con 800 persone a ogni gara in Prima categoria, che ci seguivano anche in trasferta con i gruppi organizzati del tifo. Per tanti di noi era una leggenda, mio papà andava a Modena a vederlo giocare 15 anni prima e averlo come allenatore è stata una emozione unica". Di Toro colpiva la persona prima che il giocatore. "Non ha mai fatto pesare il suo passato da campione aveva giocato anche un Mondiale – ricorda – era schietto e diretto ma sempre con le parole giuste. Nel 2000 era a un torneo col Colo Colo in Friuli e si prese la briga di fare 600 chilometri per venirci a trovare, perché a Pavullo e quel gruppo della Virtus era rimasto molto legato".
Davide Setti