
Domani e domenica al San Carlo l’opera di Nino Rota. Il maestro Andreoli: "Un’occasione per i nostri allievi"
Erano gli ultimi mesi di guerra, nel 1945, quando Nino Rota (allora 34enne) scrisse "Il cappello di paglia di Firenze", una farsa musicale con cui il compositore idealmente sembrava voler rispondere alla tragedia del conflitto. Portata in scena negli anni anche alla Scala di Milano, con le regie di Giorgio Strehler e di Pier Luigi Pizzi (e lo scorso settembre con la firma di Mario Acampa), ora la piccola opera - gioiello di Rota prende vita anche a Modena, grazie al progetto del Conservatorio ‘Vecchi Tonelli’: domani e domenica alle 18 la vedremo alla chiesa di San Carlo in una nuova produzione, con l’orchestra del Conservatorio diretta dal maestro Paolo Andreoli, i cantanti allievi dei corsi di Maria Pia Ionata, Katja Lytting e Raina Kabaivanska, il Coro filarmonico di Modena ‘Gazzotti’ diretto da Giulia Manicardi, e un numeroso corpo di mimi. L’appuntamento è incastonato nella stagione degli Amici della Musica di Modena.
Tratta da una commedia francese, la storia del "Cappello" (il cui libretto venne scritto dallo stesso musicista insieme alla madre Ernesta) ci porta a Parigi, in un tourbillon di disavventure e di equivoci: tutto comincia quando il cavallo di un giovane sposo mangia un prezioso cappello di paglia appartenente a una signora che si trovava in compagnia dell’amante, e per evitare lo scandalo si dovrà trovare un cappello identico. Ne nascerà un putiferio. "È un’opera spassosa, ricca di intrighi e di situazioni imprevedibili. E, come nell’Elisir d’amore, tutto si svolge nell’arco di poche ore, come in una folle giornata – spiega il maestro Andreoli, docente di pianoforte al ‘Vecchi Tonelli’, nonché pianista dei master di Raina Kabaivanska e di tante iniziative della Fondazione Pavarotti –. Abbiamo scelto questo lavoro di Nino Rota proprio per offrire agli studenti la possibilità di cimentarsi in una messinscena completa. E per i tanti allievi che arrivano da altri Paesi, dalla Cina alla Georgia alla Svezia, è anche l’occasione per mettere alla prova la conoscenza dell’italiano: per cantare l’opera italiana, infatti, non è sufficiente conoscere le intonazioni o gli accenti, ma occorre anche acquisire il ‘colore’ di ogni parola e l’emozione che vi è racchiusa".
In un arcobaleno di personaggi e di situazioni, la divertente opera viene presentata in un allestimento (regia di Lorenzo Profita e videocreazioni di Jacopo Veroni) che si ispira ai mondi onirici di Magritte: attraverso il videomapping viene creata una scena ricca di oggetti di uso quotidiano, ma sottratti al loro contesto naturale. E non mancherà lo sfondo di una Parigi immaginaria, con la sua famosa torre, "anzi, forse più di una", anticipano i creativi. Come nel proscenio di un teatro, i cantanti saranno quasi ‘a tu per tu’ con il pubblico. "Il conservatorio non è un ente di produzione, ma un luogo in cui si impara – sottolinea Andreoli –. E in questi cimenti, i giovani possono sperimentare le loro capacità e il loro talento".