REDAZIONE MODENA

"Un secolo di carcere per la banda del narcotraffico"

Il pubblico ministero chiede oltre cent'anni di carcere per associazione a delinquere legata al narcotraffico, coinvolgendo i fratelli Scarantino di Scandiano. Gabriele Scarantino è latitante.

"Un secolo di carcere per la banda del narcotraffico"

Il pubblico ministero chiede oltre cent'anni di carcere per associazione a delinquere legata al narcotraffico, coinvolgendo i fratelli Scarantino di Scandiano. Gabriele Scarantino è latitante.

Oltre cento anni di carcere. È quanto ha chiesto ieri il pubblico ministero Giuseppe Amara nei confronti della nota associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico capitanata da Andrea, Cristian e Gabriele Scarantino, i fratelli originari di Scandiano e nipoti di quel Vincenzo Scarantino arrestato nel 1992, che dichiarò di aver partecipato alla strage di via D’Amelio a Palermo, in cui perse la vita il magistrato Paolo Borsellino, salvo poi ritrattare.

In tutto erano stati rinviati a giudizio tredici imputati, mentre erano stati giudicati con il rito abbreviato gli altri indagati per il maxi traffico di stupefacenti: in particolare cocaina. Manca però ancora all’appello Gabriele Scarantino, 31 anni, il maggiore dei tre fratelli e colui che teneva le redini del traffico: il giovane imputato risulta latitante da che è fuggito dai domiciliari. Il legale aveva chiesto la sospensione del procedimento per Scarantino, ma così non è stato.

Dunque ieri il pm Amara, sottolineando come si trattasse di una associazione per delinquere ben radicata sul territorio modenese, coinvolta nel narcotraffico sin dal 2015, quindi da quasi dieci anni ha chiesto condanne pesanti per i tre fratelli. Tenendo presente il ‘bilanciamento’ tra aggravanti e attenuanti generiche, la pubblica accusa ha chiesto 8 anni e dieci mesi per Andrea Scarantino, 18 anni per Cristian (partendo da una pena massima di 27) e vent’anni per il fratello latitante, Gabriele. La pena partiva da 30 anni. Per tutti gli altri imputati sono state chieste condanne da cinque a dieci anni e mezzo di carcere per un totale di oltre cent’anni.

Secondo le indagini condotte dalla squadra mobile e dai carabinieri, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia erano stati proprio i tre nipoti del falso pentito a gestire per anni il traffico di stupefacenti che dall’Albania arrivava in città. Parliamo di fiumi di droga che per lungo tempo hanno attraversato la nostra provincia.

Valentina Reggiani