Bruno "Lo scudetto 2016 l’emozione più grande"

L’ultima conferenza al PalaPanini del capitano che ripercorre la sua carriera in giallo e parla del futuro: "Ritiro? Ancora no, ma mi preparo..." .

Bruno "Lo scudetto 2016 l’emozione più grande"

Bruno "Lo scudetto 2016 l’emozione più grande"

La partenza definitiva ancora non è fissata. Sarà venerdì se Modena uscirà in semifinale dei playoff per il quinto posto, direttamente lunedì 29 aprile se invece sarà finale. "Però posso già assicurare che ad aprile 2025 tornerò". È un legame che si fa fatica a recidere, quello tra Bruno e la ‘sua’ Modena, e che fluisce nelle parole della sua ultima conferenza stampa al PalaPanini. Che parte dalla festa di mercoledì sera: "Una serata molto speciale – racconta il capitano della Valsa Group – un’altra di quelle indimenticabili qui a Modena. Non mi aspettavo una sorpresa così da parte della società e di tutti. Riuscire a vincere un’altra volta e ricevere tutto quell’affetto... non lo dimenticherò mai. Nel 2011 non pensavo di ricevere ancora un’accoglienza del genere tredici anni dopo".

Tredici anni, appunto, una vita: la differenza tra il Bruno del 2011 e quello di oggi?

"Allora uscivo per la prima volta dal campionato brasiliano e in Italia, col livello che c’era e tutti i migliori stranieri del mondo, ho capito cosa volesse dire essere sempre concentrati e costanti. Poi c’è un altro motivo per cui è stato importante andarmene dal Brasile".

Quale?

"In patria ero comunque sempre il figlio di Bernardo, qui ero Bruno, un palleggiatore, una persona, non solo il ‘figlio di’. Così l’affetto, i legami coi maestri che ho avuto qui come Bagnoli, Lorenzetti, Giani, mi hanno fatto crescere come leader e come capitano".

C’è una partita, una gioia più grande che ricorda in queste stagioni a Modena?

"Difficile trovare una gioia o una delusione singole, perché sono tante. Ma quell’8 maggio 2016, lo scudetto vinto al PalaPanini alla fine di un ciclo, rimarrà per sempre nella mia storia, un’emozione indescrivibile".

La sconfitta più dolorosa invece?

"La sconfitta in casa con Padova nel dicembre 2017 (la stagione di Stoytchev, ndr). Ngapeth era fuori, perdemmo, c’erano altri problemi ed ero fuori di me in quel giorno. Arrivarono i fischi, fu un momento durissimo per la squadra, un brutto giorno". Quella di Parigi sarà la sua ultima Olimpiade?

"Sì. Pensare ad altri quattro anni a questo livello fisico e di stress mentale è difficile. Poi non si è mai sicuri, ma oggi sì, credo proprio saranno i miei ultimi Giochi".

Pensa al ritiro?

"Ancora no, ma mi sto preparando. Sto iniziando a vedere la pallavolo non più come l’unica priorità della mia vita: oggi vivo tutto con più equilibrio, e questo è un modo per essere pronti quando sarà ora di smettere".

Nel futuro più un ruolo in panchina o uno da dirigente, magari anche politico?

"Per fare i dirigenti bisogna appunto anche essere molto ‘politici’, non so se sono bravo su questo. Comunque bisogna prepararsi. Il campo mi piace molto, ma è anche vero che la vita di un allenatore è uguale, se non peggio, a quella di un giocatore. Appena smetterò non credo di avere l’intensità per dare tutto quello che posso come allenatore nel quotidiano. Devo ancora valutare".

È vero che pensa a creare una squadra di volley per il Botafogo, a Rio?

"Chissà, sarebbe bello riuscire a fare una squadra di pallavolo lì".

Lei vivrà a Sao Conrado, ha una casa anche a Modena? "No, qui a Modena non ho proprietà e anzi, lascerò le mie cose più ingombranti ad amici, assieme alle giacche pesanti che in Brasile non servono. A Rio c’è la mia casa, la mia famiglia, dopo le Olimpiadi me le godrò di più nei giorni liberi dal campionato con Campinas".

Infine: lei ha l’autorità per farlo, che consigli si sente di dare alla società?

"L’ho già detto. Come un amico, come un tifoso di Modena, auguro alla società di riuscire a trovare continuità di progetto, anche se non è semplice. È la via per avere punti di riferimento per tanti anni e trovare a medio-lungo termine dei risultati più stabili".

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