L’albergo con 60 ospiti di 18 nazionalità "Qui all’Elvezia c’è un tetto per tutti"

Chi a Pesaro proprio non trova casa, alla fine dell’odissea, affitta una camera all’hotel Elvezia. Quell’indirizzo – viale Fiume, 67 – è il porto franco della solidarietà Caritas e non solo. "E’ conveniente per i prezzi modici e il clima è molto familiare" dice Alessandro, 54 anni, percettore di reddito di cittadinanza, all’Elvezia da maggio 2020. "Con i 500 euro di reddito mensile a Pesaro non posso aspirare ad un appartamento tutto per me – osserva questo pesarese doc, sorridente e pacato che ha inscatolato gran parte dei propri averi e li ha appoggiati nel garage di un amico –. Ma il problema in città è strutturale: non l’ho trovata nemmeno nel 2017 quando uscivo da una situazione economicamente molto più garantita. In quel periodo cercai una nuova abitazione perché con mia sorella avevamo venduto la casa di nostra mamma in via Nitti. Spesso d’ostacolo sono le garanzie e non la liquidità. L’assurdo fu che nel 2017 mi chiedevano tre mesi d’anticipo e la fidejussione bancaria. E non solo. Ricordo che per un monolocale mi chiesero la firma di un garante, proprietario di immobile". Accanto a lui, Oreste: è l’altro cinquantenne che da due anni abita una camera al terzo piano dell’Elvezia. "Vengo da Napoli, sono immigrato per lavorare: giù, trovare una occupazione, è difficile. Qui, invece, mi arrangio: faccio traslochi, recupero il ferro. Ho nostalgia di Napoli e ho due sogni: non continuare a vivere alla giornata per sempre e trovare una fidanzata". Oreste divide la stanza con Giovanni, siciliano di 62 anni, invalido totale: "Sono scappato dalla mafia. Arrivai 20 anni fa a Pesaro per togliermi dalla marmaglia: ero entrato in un giro brutto – racconta –. Ho la mia pensione, ma vivo all’Elvezia perché alla mia età non voglio più stare solo. I pesaresi? Brava gente anche se dovrebbero essere più alla mano, più aperti e attenti alla realtà delle cose". Osvaldo ha 74 anni e fa capolino nella hall dell’albergo dopo aver terminato la fisioterapia. Abitava a Tolentino con la madre. Nel 2016 c’è stato il terremoto: la mamma con cui viveva è morta e la casa è crollata. "Ho la minima: prendo 500 euro. A Porto Recanati, in appartamento, pagavo 450 euro di affitto, ma con le bollette non ce la facevo. Nella vita ho fatto l’idraulico". L’arredo nella sua camera all’Elvezia? Ridotto all’osso con l’unico lusso di un piccolo frigorifero. "Non so rinunciare all’acqua fresca" dice. "Paolo, 73 anni aveva dei risparmi da parte e ha comprato casa a Montecchio di Vallefoglia – spiega Andrea Verde, comproprietario dell’hotel –. Nell’attesa che gli facessero dei lavori venne a chiederci di affittargli una camera per un paio di mesi. Alla fine si trovò così a suo agio con noi che è rimasto otto mesi". Per Verde è una soddisfazione. "Alla fine l’Elvezia è una famiglia – dice –. Abbiamo 60 ospiti di 18 nazionalità diverse. Mediamente le persone stanno sette mesi. Paolo era un tifoso del Milan: lo sentivi urlare. Se il Milan perdeva era colpa dell’arbitro. Il calcio è una passione che unisce un po’ tutti qui: il 99% degli ospiti, è uomo e tifa la propria squadra del cuore. Seguire i mondiali da noi è stato spettacolare". Gli italiani sono una minoranza, gli extracomunitari lavorano tutti. "Un giorno mi chiamò Andrea Mancini della Caritas – spiega Verde – per chiedermi se avevo posto in hotel: un giovane di colore, impiegato da Marinelli Cucine, dormiva in stazione. E’ stato con noi un anno. Poi ha messo da parte un po’ di soldi e con altri due amici s’è trovato un appartamentino fuori Pesaro". L’Elvezia è una porta aperta per chi ha bisogno. "A sensibilizzarci è stata la Caritas. Oltre alla carenza di alloggi c’è la necessità di una rete di relazioni. Un africano mi disse una volta: “Mi trovo bene da voi perché voi non ci guardate dall’alto in basso“. Insomma non parlo di razzismo, ma in molti sono vittime di diffidenza. In tanti mi dicono che preferiscono essere invisibili: profilo basso, lavorare sodo e non dare nell’occhio per evitare di tirarsi addosso tensioni e antipatie. Eppure con noi abbiamo persone bravissime come Salim, trentenne, arrivato dalla Guinea: per arrivare in Libia ha consegnato due mucche, mentre agli scafisti ha dovuto dare l’equivalente di mille euro. La traversata in gommone è stata agghiacciante: non sapeva se sarebbe affogato. Ora fa il muratore ed è ricercato dalle ditte tanto è affidabile. Sogna di farsi una famiglia". E gli italiani cosa sognano? "Di vincere al Superenalotto" conclude ridendo Andrea, prima di salutarci. Solidea Vitali Rosati

L’albergo con 60 ospiti di 18 nazionalità "Qui all’Elvezia c’è un tetto per tutti"

I racconti dall’hotel che apre le porte agli invisibili: "Da noi la gente resta per mesi, si sente come a casa. Siamo una famiglia"