CARLO RAGGI
Cronaca

Alluvione Lugo, la casa distrutta e l’abbraccio di Mattarella: "Ciò che importa è essere vivo"

Giuseppe Parmiani lo ha incontrato nella visita a Lugo. "Presidente, la mia casa e il mulino sono stati eroi, hanno fatto scudo alle altre abitazioni "

La casa andata distrutta nel giorno dell’alluvione e Parmiani oggi davanti a quella abitazione. Nel riquadro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

La casa andata distrutta nel giorno dell’alluvione e Parmiani oggi davanti a quella abitazione. Nel riquadro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Lugo, 25 giugno 2023 – Il fiume, il Santerno, alla notte gli ha ghermito mezza casa, custode di 70 anni di vita con la moglie, i figli; il giorno dopo, l’altra metà e l’annesso vecchio mulino, diventato laboratorio per la sua attività di elettrotecnico internazionale specializzato in macchine industriali e magazzino per la compagnia teatrale che, seguendo le orme del padre, aveva fondato nel ‘73 e di cui è stato attore fino a pochi mesi fa, è stato abbattuto d’autorità per dar modo ai mezzi meccanici di chiudere la voragine nell’argine: una lacerazione dei legami con le proprie radici, le proprie tradizioni che a 93 anni ben potrebbe bastare e avanzare per abbattere lo spirito più forte. Ma lui, Giuseppe Parmiani, trova ancora la forza di sorridere e al presidente della Repubblica, che lo ha incontrato nel giorno della sua visita a Lugo, ha detto: "Presidente, la mia casa e il mulino sono stati eroi, hanno fatto scudo alle abitazioni confinanti. Ciò che importa è essere qui, vivo, con i miei figli".

A un mese da quei drammatici eventi Giuseppe Parmiani è tornato lì, fra Ca’ di Lugo e San Lorenzo, lungo la provinciale Fiumazzo. I vicini di casa lo salutano con affetto, La Trattoria del Forno, adiacente al mulino, è salva, ma non attiva: manca il telefono e con la strada chiusa nessuno andrebbe a mangiare. Dell’abitazione e del mulino, un caseggiato ricostruito nel dopoguerra, con i muri di base spessi quasi un metro che hanno fatto da argine all’acqua del Santerno, non restano che poche macerie. Rovistando fra detriti, fango e polvere, Giuseppe trova tracce di una commedia e si mette a recitare.

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Com’è andata quella notte fra il 15 e il 16 maggio?

"Da quando anni fa è morta mia moglie, abitavo lì da solo. A sera mio figlio Gianni voleva che me ne andassi perché c’era il pericolo di esondazione, ma io gli dissi che mi stavo trasferendo al secondo piano. E all’una di notte lo dissi anche ai carabinieri che erano venuti con l’ordine di sfollamento. Subito dopo tornò mio figlio e mi portò via, a forza, a Lugo. Ero in pigiama, presi con me un asciugamano. Prima dell’alba il fiume ha rotto a pochi metri e ha distrutto parte della casa".

Non ha avuto messo al sicuro nulla…

"No, ho perso tutto. Vestiti, fotografie, documenti, lettere, i miei diplomi, gli strumenti del mio lavoro e tutti i costumi della Compagnia teatrale e le scene che erano in deposito nel mulino. Mi hanno ritrovato solo la tromba che avevo ricominciato a suonare… Il fiume e l’abbattimento del mulino è come se avessero amputato una grande fetta della mia vita, non ho più agganci concreti per i miei ricordi. Vede, io con la mia casa avevo un rapporto particolare, le parlavo…quante volte le ho chiesto ‘voglio proprio vedere chi dei due finisce prima!’ Non avrei mai pensato che se ne andasse prima lei…Ma sono felice perché i grossi muri del mulino hanno risparmiato la trattoria accanto. L’ho detto al presidente Mattarella e lui si è commosso, ha cambiato espressione quando glielo dicevo, mi ha abbracciato…".

Un’esperienza lacerante, la sua. Lei peraltro ha vissuto anche il dramma della guerra?

"Sono nato a Bagnacavallo, il 28 giugno del ‘30. La mamma si chiamava Maria, il babbo, Mario, era originario del Milanese, era un uomo dalle mani d’oro, sapeva riparare tutto, mise su un’officina, era un mago per le trebbiatrici ed era un uomo di grande intelligenza e cultura, gli piaceva la lirica e il teatro e così negli anni Trenta organizzò la Compagnia Teatranti Dilettantistica in cui ho recitato anch’io. Ah, la guerra…che ricordi orribili: i bombardamenti, l’aereo Pippo che mitragliava il nostro rifugio. Avevo 14 anni, a Bagnacavallo erano appena arrivati gli alleati, un gruppo di soldati americani, neri. Un pomeriggio arrivò una granata, ero lì con loro, io mi salvai, loro finirono a pezzi!".

Poi lei da Bagnacavallo andò ad abitare a Ca’ di Lugo, in via Fiumazzo, al Mulino Quercioli, sotto l’argine del Santerno. Come arrivò lì?

"Perché nel ‘55, a 25 anni, sposai la figlia del mugnaio, Lora. Finite le elementari, feci l’Avviamento a Forlì, cominciai a riparare elettrodomestici, i primi televisori, le radio, aprii un negozietto, poi l’installazione delle antenne, insomma, si lavorava. Una volta sposato cercai di crescere, studiai per alcuni anni la nuova frontiera dell’elettronica, presi il diploma e mi specializzai sulle nuove macchine per la cernita, lo scarto e l’inscatolamento dei vegetali: piselli, fagioli, ceci, arachidi, caffè etc. Un mondo incredibile…Apportai modifiche, aprii nuove frontiere, cominciai a girare Europa e Usa per grosse aziende multinazionali. Intanto avevo dato il negozio in gestione a un ragazzo d’oro, Renato Contarini, che ora gestisce l’Unieuro a Bagnacavallo e quando ha saputo che ero sfollato, mi ha portato vestiti e altro...Quanta solidarietà ho ricevuto!".

Quanto a intraprendenza, inventiva e manualità ha ereditato molto da suo padre…

"Non solo questo, anche la passione per l’opera lirica e il teatro, la recitazione, il teatro inteso come veicolo culturale. Per questo nel ‘73 ho fondato la compagnia ‘La Compagine’, avevo già i figli grandi, Paolo è del ‘56, Gianni è del ‘60. Nel 1980 vincemmo un primo premio in Sicilia e pensi che durante il Covid andavamo in onda on line dal mulino, fino a 2.000 collegamenti, discutevamo di cultura, di teatro, di dialetto, c’erano poeti, scrittori. Mio figlio Gianni ha seguito le mie orme teatrali…L’ultima recita l’ho fatta un anno fa al Tondo a Lugo e ora stiamo preparando un nuovo lavoro, sulle fiabe".

Il mulino era diventata la vostra sede.

"Sì perché da un pezzo non era più attivo. Al passaggio del fronte era stato bombardato, nel dopoguerra era stato ricostruito, a fianco fu edificata la nuova casa. Dopo l’alluvione del ‘59, ricordo che sull’argine c’erano fontanazzi che i contadini tamponavano con sacchi di sabbia da un quintale e teloni, dietro al mulino fu innalzato un muro di contenimento dell’argine. Che è ancora lì…Nel magazzino c’era mezzo secolo di attività della ‘Compagine’, i costumi, le scene, i documenti, i testi, tutto perso". Nell’alveo e sugli argini del Santerno enormi ruspe ed escavatori sono al lavoro da settimane, la sponda frantumata dalla piena è stata ripristinata e dalla parte interna dovrà essere rafforzata da palancole, mentre una draga sta ripulendo il fondo. Attorno il paesaggio è in parte ancora quello disastrato, carcasse di auto nei campi, mucchi di fango, un’enorme voragine a lato della strada dove solo pochi giorni fa ha smesso di risorgere acqua, segno evidente della presenza di pericolose fessure sotterranee dal fiume al campo. Giuseppe Parmiani saluta i vicini, saluta i detriti della sua casa e del mulino, le lacrime gli rigano il volto.