"Stupratore", statua del Passatore imbrattata

Atto vandalico ieri notte contro la ‘statua del Passatore’ installata un anno fa alla rotonda delle Bocche dei Canali a simbolo della Cento Chilometri Firenze-Faenza che da 50 anni porta appunto il nome di ‘Marcia del Passatore’. Ignote mani dal vago sapore anarcoide e con un preciso riferimento all’8 marzo, hanno dipinto di nero il volto bifronte e hanno poi cercato di ‘spiegare’ il gesto in un volantino e in uno striscione agganciato al vicino sovrappasso ferroviario di via Celle. Sostanzialmente il contenuto del volantino, che si apre con una nota frase del filosofo Bakunin, contesta il fatto che la statua, ispirata al Passatore, noto criminale romagnolo dell’Ottocento, sia posta "a guardia della città", sia considerata la "mascotte di una città perbene, progressista, inclusiva, femminista". E per giustificare il riferimento all’8 marzo, è ricordato anche l’episodio di Gertrude Artusi, sorella del celebre Pellegrino, che per lo stupro subito dopo l’invasione del teatro di Forlimpopoli (25 gennaio 1851) da parte della banda di Stefano Pelloni (Il Passatore, appunto), allorché fu, come tutti i presenti in sala, sequestrata, portata a casa, rapinata e – secondo l’Autobiografia dell’Artusi – violentata, impazzì e venne reclusa in manicomio dove morì. Più in generale l’ autrice del volantino (scrive in calce “Il passatore è passato, ma la passatrice è passata di qui“) ricorda di che stoffa fossero Pelloni e la sua banda, non solo rapinatore e stupratore, ma anche sanguinario pluriomicida. Vicende peraltro note da anni, oggetto di una accuratissima ricerca storica, unica nel suo genere, effettuata da Leonida Costa che nel 1976 pubblicò il libro ‘Il rovescio della medaglia’ che si fonda sugli atti del processo e dove però non v’è traccia dello stupro a Gertrude. Forse ignorando storia e letteratura sul punto (come dimenticare Francesco Serantini con i ‘Fatti memorabili della banda del Passatore’ e ‘Il fucile di Papa della Genga’ con cui l’avvocato e scrittore di Castel Bolognese vinse il Bagutta nel 1948), il volantino spiega l’azione proponendo, "contro il nulla che avanza" una serie di situazioni odierne per "ridare verità alla storia": e il richiamo è per "ogni innocente sgozzat…e stuprat…, per le anarchiche ignorate e ridotte al silenzio, irregimentate nelle scuole, nelle cliniche, nelle carceri, per chi sta morendo in prigione perché non ascoltate le sue parole". E allora è il caso di tornare a come negli anni Sessanta nacque l’idea di prendere a prestito il nome del Passatore per farne uno strumento promozionale, idea che fu dell’Ente Tutela Vini romagnoli e del suo ‘motore’ Alteo Dolcini. "Si trattava di dare un marchio ai nostri vini a denominazione d’origine controllata e la scelta fatta da mio padre _ spiega Andrea Dolcini _ faceva riferimento a una figura idealizzata, a quella figura che usciva dalla leggenda popolare e che, anche se il nome si rifaceva al Passatore, prescindeva del tutto dal bandito, dalle sue imprese criminali, ovviamente". E un tale assunto fu fatto proprio, era il 1967, dal Tribunato dei Vini di cui facevano parte fior di letterati: Max David, Francesco Serantini, Aldo Spallicci, Piero Zama, Friedrich Schurr, tutti ben convinti che il Passatore che veniva raffigurato nel marchio dei vini incarnava un’idea astratta, si rifaceva alla leggenda. Un assunto (anche allora ci furono polemiche) che fu ritenuto coerente da Leonida Costa il quale nella prefazione al proprio libro spiegò che l’intento era sì di chiarire che la realtà storica relativa a Pelloni era ben diversa dalla leggenda popolare del bandito che toglieva ai ricchi per dare ai poveri, senza però con questo voler distruggere le credenze popolari, anzi sottolineando "lode e fiducia ai vini del Passatore, simpatia per le iniziative folcloristiche". Tanto successo ebbe il marchio del ‘Passatore’ che dai vini si estese alla ‘Cento km’, alla scuderia automobilistica e a tanto altro. E Alteo Dolcini all’epoca fece costruire un centinaio di quelle statue, in resina, il cui volto e cappello peraltro non sono di Pelloni, ma di un brigante calabrese, Antonio Gasparoni proprio per marcarne la distanza, poi disseminate nelle cantine e nelle località turistiche e quasi tutte negli anni rubate. Quella alle Bocche dei Canali è di proprietà privata e donata un anno fa al Comune per l’installazione definitiva alla rotonda semplicemente a simboleggiare la marcia Firenze-Faenza. Carlo Raggi

"Stupratore", statua del Passatore imbrattata

Atto vandalico sulla scultura installata alla rotonda delle Bocche dei Canali. Volantino anonimo rivendica il gesto per l’8 marzo .