
Dietro ogni tornante, un brivido. Il viaggio nella Val d’Enza dilaniata
"La strada, gli appartamenti e il ristorante sono allagati. Ma noi siamo eroi e in un giorno sistemeremo tutto, e aiuteremo anche gli altri. Come solito teniamo duro, tendiamo la mano a chi rimane indietro e nemmeno ci meravigliamo perché chi doveva non si è né visto né sentito. Neanche la protezione civile". Si sfoga Simone Guazzi, titolare del River di Cerezzola, mentre pulisce dalla melma il locale a pochi metri dall’Enza che ribolle. Canossa, prima tappa di un viaggio lungo la fascia collinare reggiana, nella due giorni dei temporali che hanno scaricato sull’area decine di centimetri di pioggia in 24 ore provocando una crisi idrogeologica diffusa che in molti casi è un drammatico remake del 2023. Il ristorante River è stato allagato dai ruscellamenti dalla collina retrostante, dalla fondovalle Sp513R allagata non si passa. È un Appennino che si scioglie in colate di fango e sassi, di strade matildiche spaccate ed invase da rami quello che percorriamo: a sera saranno oltre 150 i km che avremo percorso, tra tornanti e chicane tra cumuli di terra e operai al lavoro. A Currada l’Enza rischia di esondare: facciamo dietrofront (accadrà nel pomeriggio). Poco più a monte, è chiusa pure la sp97 tra Ponte Vetto e Scurano di Parma causa frana. Più a valle, a San Polo uno smottamento isola varie case in via Fontanili. Il sindaco Franco Palù ci spiega che Grassano è rimasta a lungo senza corrente elettrica mentre a Borsea uno smottamento ha fatto cadere pali Telecom. Allagamenti anche sotto il ponte sull’Enza, a ridosso dell’abitato. Proseguiamo lungo la Pedemontana, tra rotoballe gonfie come spugne e campi di grano frustati dai temporali. A Vezzano non saliamo: sono i carabinieri a dirci che le provinciali 11 a Pecorile e 12 a Votigno sono chiuse. Al rientro, a metà pomeriggio, tra Vezzano e Puianello vedremo arrivare la polizia locale: il Crostolo sta esondando. Anche transitare sul Tresinaro non tranquillizza. Svoltiamo per Viano: terra, pietrame e detriti. Giove Pluvio non fa sconti nemmeno alla Capitale della Meccatronica. A Gargola sulla sp 98 non si passa: rinunciamo a salire verso Carpineti. Andiamo a Baiso, quelle nubi sulla testa come una scure. Dietro ogni curva si rischia di trovare un torrentello, uno smottamento, pietrame e detriti, cartelli di pericolo. La Pietra di Bismantova sembra un’isola che galleggia tra le nuvole. In questa terra di una bellezza naturalistica sconvolgente, ci sono le maggiori devastazioni: strade secondarie collassate, ponticelli a rischio sotto Baiso, belle cascatelle sull’asfalto che rischiano di farti schiantare. Andiamo al Muraglione, con Secchia che ruggisce sotto la strada, poi a Levizzano dove la famiglia Rivi-De Pasquale vive davanti una frana con una coda di oltre 2 km che l’anno scorso scivolava a valle 7 metri al giorno: "Abbiamo messo i sacchi di sabbia davanti alle porte e ai finestrini del seminterrato, lungo la cancellata. Stanotte è venuto giù di tutto lungo la strada, ma è stato meno peggio dell’anno scorso". Gli operai Ireti controllano che le tubazioni collocate negli scorsi mesi drenino acqua da sotto il fronte franoso. Proseguiamo: un’altra gimcana di cartelli di pericolo a Debbia, a Lugo, verso San Cassiano. Jeep dei carabinieri, ruspe. A Ponte Secchia è Vittorio Zanni, veterano della Protezione civile, che parla saggiamente a lungo delle fragilità del territorio dal terrazzo affacciato sulla rotatoria della sp 486R, che la notte prima era uno tsunami di fango. "Quel rio c’è sempre stato e sempre esonderà. Bisogna fare manutenzione costante del territorio per evitare il peggio". Ci mostra da sotto come l’acqua abbia eroso le basi del ponte e fatto franare la massicciata. Fa rabbrividire vedere Tir carichi di pallet di piastrelle che transitano su una lastra di cemento armato. Lì vicino Paolo Rioli, Federico Roffi e Andrea Ronzi spalano fango fuori dall’officina River Car: "C’erano 30-40 cm d’acqua. Aperti i portoni, scorrevano attraverso il capannone. L’anno scorso l’acqua arrivava al mento". Anche noi attraversiamo il ponte con i brividi. Tentiamo ad salire a Lupazzo di Toano: la strada non c’è più, case isolate. Un bobcat e vari operai combattono contro una colata di terra e grossi massi, tra l’acqua che scorre tumultosa verso valle. Saliamo ancora verso Toano: alla Svolta, a causa dell’azione di scavo di un rio secondario del Torrente Lonza ci sono case isolate. Gianni Marchetti è contento che il suo orto è stato risparmiato, mentre ci mostra le palizzate degli argini spazzate via con grossi alberi. Rientriamo da questo territorio di straordinaria bellezza naturalistica, osservando lungo la fondovalle cittadini con badili e scope che puliscono cortili e garage, con lo sguardo rivolto verso il cielo livido. E ricomincia a piovere.