Il Teatro Valli si prepara ad accogliere i capostipiti del desert blues, i Tinariwen, nella loro unica data italiana, stasera alle 20.30, in occasione dell’anteprima del Barezzi Festival in collaborazione con Festival Aperto. Cantori maliani della ribellione, simboli della resilienza e del coraggio del loro popolo, la band tuareg ha sulle spalle una carriera di oltre vent’anni, durante la quale ha calcato i palcoscenici più prestigiosi del mondo e raccolto numerosi apprezzamenti da Peter Gabriel a Warren Ellis, Mark Lanegan e Bob Dylan. Barezzi Festival diventa maggiorenne portando sul palco un collettivo dal sound magnetico, come succede in ‘Amatssou’, l’ultimo e nono album in studio (2023), in cui si fondono due mondi in apparenza distanti: il loro inconfondibile blues sahariano e la musica country dell’America rurale.
Pensando ad ‘Amatssou’, quali legami ci sono tra il vostro blues e l’America agricola?
"La musica ‘Assouf’ è un misto di blues, country e rock. Le canzoni di Abdallah (chitarra e voce) a volte ricordano la musica country. Anche Abdallah ama molto la musica country. Anche nella musica tradizionale della cultura Tamashek si possono notare alcune somiglianze".
Cosa non sappiamo ancora della cultura tuareg e vi considerate ambasciatori della musica sahariana?
"Abbiamo molte cose nella nostra cultura che vorremmo che il mondo conoscesse. Attraverso la nostra musica, cantiamo gli eventi attuali e tutti i valori collettivi del nostro popolo Tamashek. E sì, ci sentiamo tra gli ambasciatori della cultura sahariana. La nostra situazione geopolitica ci impone questo modo di farci sentire, perché la nostra cultura non è rappresentata da uno Stato, quindi non abbiamo un vero ambasciatore".
Qual è la realtà della vita tuareg oggi e quale messaggio volete trasmettere con il vostro ultimo album?
"La realtà della vita tuareg è molto complicata, soprattutto in questo momento, in cui stiamo affrontando grandi problemi che hanno portato all’esodo del nostro popolo, che ora si sta rifugiando ai confini dell’Algeria e della Mauritania. Purtroppo, i media internazionali parlano appena della nostra situazione catastrofica. Saremmo lieti se i nostri album potessero essere utili o se potessero suscitare la curiosità del pubblico occidentale. Solo facendo ricerche mirate possiamo trovare qualche informazione sulla nostra situazione globale".