Dopo quasi otto anni alla guida della polizia locale di Reggio, il prossimo 30 settembre Stefano Poma appenderà ufficialmente la divisa al chiodo e diventerà dipendente della Regione, come responsabile del settore agricoltura caccia e pesca su Reggio e Modena. Fin quando il bando non decreterà il suo successore, rimarrà operativo al comando di via Brigata Reggio ma senza più coprire un ruolo istituzionale, che passerà temporaneamente all’attuale vicecomandante, Mariella Francia. Poma indossò la divisa per la prima volta 30 anni fa a Rolo, poi divenne comandante a Novellara, dove costituì il primo corpo intercomunale di polizia locale attiva su Novellara e Bagnolo. Sempre con lui al comando, nel 2004 si unì il corpo della Bassa reggiana. Nel 2010 si spostò a Mirandola, assistendo in prima persona ai danni portati dal terremoto di due anni dopo e gestendo quindi 1.260 operatori provenienti da dieci diverse regioni italiane al campo base della polizia locale. Nel 2015 ci fu il passaggio a Piacenza e infine, nel 2017, a Reggio.
Comandante, come ha visto cambiare la città?
"Lato sicurezza, Reggio ha vissuto degli alti e bassi. Quando sono arrivato c’era il boom degli stranieri in stazione, poi un calo e nuovamente un incremento. Una cosa che ha cambiato molto la città però è senza dubbio la Rcf Arena con i suoi grandi eventi e la riqualificazione di piazzale Europa. Non farò in tempo a vedere il miglioramento che darà la tangenziale Nord, ma senza dubbio ci sarà".
Quali avvenimenti o periodi le sono rimasti impressi?
"Di sicuro tutta la vicenda delle Reggiane e la soddisfazione di essere riusciti a risolvere senza troppi problemi la bonifica di quell’area. Ricordo anche la telefonata dalla centrale nella notte che mi avvisava di una sparatoria in piazza del Monte, o l’incendio di via Turri. L’incidente mortale di Gaida è stato un altro fatto che ha toccato molto le nostre pattuglie".
Cosa le ha dato più soddisfazione?
"Mi viene da dire tutte le volte che i cittadini ci hanno ringraziato per il nostro intervento. Non sempre si tratta di grandi cose, viste dall’esterno, ma per il singolo spesso rappresentano tutto e se sei in grado di risolverlo hai già la tua parte di soddisfazione".
Il comando come ha vissuto la pandemia?
"È stato un periodo molto duro. Le prime settimane si cantava dai balconi e si faceva il pane, ma poi la tensione sociale è esplosa. Non vivevamo in modo semplice il nostro obbligo di controllare le autocertificazioni, perché capivamo la complessità del momento. Certo poi, la gente per uscire di casa se ne inventava di tutti i colori".
La scusa più originale?
"Una volta è stato fermato un uomo che si è giustificato dicendo: ‘Devo andare a comprare la droga, questa per me è una necessità’".
La tensione sociale la percepisce nei confronti della divisa, magari complici anche i social?
"Di sicuro dai social emerge la parte di cattiveria che può uscire nelle persone. Poi però, quando porti al comando qualcuno che ha offeso la divisa su Facebook e gli fai vedere la denuncia, capisci quanto questo odio sia artefatto. ‘Non volevo offendere’, rispondono di solito, e solo lì si rendono conto della gravità della cosa. In altri contesti invece, come i gruppi di controllo di comunità, la riconoscenza dei reggiani è stata enorme". Da parte dei cittadini si rileva una richiesta di sicurezza in città sempre maggiore, lei che ne pensa?
"Hanno ragione. Reggio in relazione ad altre città c’è un buon livello di sicurezza, ma è chiaro che la società è cambiata e questo ha portato a delle situazioni a cui non si era abituati. Tali situazioni però non hanno soluzione solo attraverso la forza pubblica. La sicurezza in sé si ferma nell’applicazione delle leggi".
Si spieghi meglio.
"Intervenire per un bivacco a cielo aperto prevede una sanzione amministrativa da 300 euro, ma che effetto può fare questo? O ancora, una persona si droga e gravita in un quartiere? Si procede a fare una segnalazione in Prefettura per uso di stupefacenti, ma quella persona rimarrà dov’è".
Carenza di personale: è un problema e se sì, in che misura? "Quando sono arrivato qui su una dotazione di massimo 170 unità ne avevo 156, oggi è circa uguale. Avere venti persone in meno significa tirarsi il collo e faticare di più per rispondere a tutte le richieste, ma una cosa su cui non ho mai mollato è il servizio 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. In questo mi ha sempre aiutato e mi aiuta tutt’ora il fatto di avere un comando ben organizzato e composto da agenti competenti e disponibili: per l’Arena ho 80 persone che fanno un doppio turno da 12 ore".
È emozionato per il suo nuovo incarico?
"Mi stimola molto, anche se vado a fare una cosa completamente nuova. Togliermi la divisa è un cambio di vita vero e proprio, ma sono convinto di poter dare il mio contributo e il mio impegno resterà massimo".