
L’ultima opera di Alessandro Scillitani sarà presentata il 3 febbraio: "Ho sentito il richiamo del fiume e la necessità di raccontarlo" .
VAL D’ENZA
Prodotto dal Comitato per la salvaguardia del Torrente Enza allo scopo di accrescere la consapevolezza dei cittadini e promuovere un confronto aperto e informato sul problema, il docufilm ‘La valle ferita. Torrente Enza, tra dissesto idrogeologico e crisi climatica’ di Alessandro Scillitani, con testo e voce narrante di Wu Ming 2, sarà presentato in prima assoluta dagli autori lunedì 3 febbraio alle 21, al cinema Al Corso (ingresso gratuito). Altre presentazioni in luoghi del territorio sono in via di definizione.
Scillitani, com’è nata l’opera?
"Da molto tempo mi preoccupo di questioni ambientali e di territorio, e ritengo sia necessario riflettere sulle trasformazioni del paesaggio. Quando mi hanno portato a San Polo per vedere lo stato di erosione dell’Enza, sono rimasto molto colpito. È una voragine che fa sprofondare il corso del fiume a vista d’occhio, anno dopo anno. Ho sentito il richiamo del fiume, e la necessità di raccontarlo".
Viste le parti coinvolte, fra cui WWF, Legambiente e Università Verde, in che modo si compone il film?
"Ho cercato di ascoltare più voci. Naturalmente, c’è una prevalenza di testimonianze di ambientalisti, fisici, geologi. Tuttavia il documentario mette sul campo diversi punti di vista, in contraddizione tra loro. Credo che in questo momento storico sia necessario ponderare le scelte da compiere per adattarsi ai cambiamenti climatici e cercare di ripristinare un percorso ‘naturale’. L’approccio, più che mai, è stato di ascolto, per stimolare un dibattito".
Com’è stato lavorare con Wu Ming 2?
"Molto bello. Di solito non amo la voce narrante nei miei documentari, perché è come se fosse la voce della Verità. Wu Ming 2 ha usato un tono personale, nutrendo il racconto con le sue parole".
Duilio Cangiari di Università verde Reggio e Daniele Bigi di WWF Emilia Centrale, che cosa ha determinato il dissesto della Valle e da quando monitorate lo stato dell’Enza?
"Fin dagli anni ‘80 le associazioni ambientaliste si occupano di monitoraggio e salvaguardia del torrente Enza. Avendo una conformazione geologica tipica della regione appenninica, nella parte alta da sempre ci sono frane anche di grosse dimensioni. Stiamo parlando di un territorio molto fragile e delicato. Questi fenomeni sono destinati ad intensificarsi a fronte delle mutate caratteristiche delle precipitazioni. Negli anni le massicce escavazioni e successivamente gli sbarramenti trasversali a partire dalla traversa di Cerezzola, hanno creato una incisione verticale di oltre 10 metri, particolarmente evidente a valle del ponte della pedemontana a San Polo, producendo l’effetto canyon con aumento della velocità dell’acqua e della pericolosità. Nella parte di pianura, per effetto della pressione urbanistica e dell’agricoltura, è evidente una sensibile riduzione dell’ampiezza dell’alveo naturale che mette a rischio le popolazioni e le attività economiche".
Quali ferite è possibile ancora sanare?
"C’è molto da fare e le risorse sono assolutamente insufficienti, per questo riteniamo fondamentale che ci si concentri su opere diffuse sul territorio, fattibili in tempi rapidi e costi accessibili. Quello che riteniamo sbagliato è focalizzare, come da troppo tempo succede, l’attenzione esclusivamente sulla grande diga mettendo in secondo piano tutte le iniziative a scala di territorio. Un esempio è la progettazione di bacini di ricarica assistita delle falde come serbatoi per l’agricoltura, come realizzato dalla Regione sul fiume Marecchia. Un esempio di intervento rapido e a costi molto ridotti".