
Gli sportivi grandi protagonisti nella cerimonia: l’omaggio alla fuoriclasse di handbike Ana Maria Vitelaru "L’Italia è sempre stata casa mia". Bouih: "Mi sono emozionato". Baldini: "I campioni di domani vanno aiutati".
"Questo Paese è diventato casa mia. Ho una bandiera che porto con me nelle competizioni internazionali, e lo faccio firmare agli altri sportivi che conosco". Un’emozionata Ana Maria Vitelaru, medaglia di bronzo alle Paralimpiadi di Parigi del 2024 ieri ha ricevuto l’omaggio del ’Primo Tricolore’ dalle mani del sindaco Marco Massari. La campionessa di handbike, 42 anni, nata in Romania (dove all’età di 17 anni le amputarono le gambe per un incidente sui binari) si è trasferita in Italia dove si è sposata, risiede a Castelnovo Sotto e lavora come sarta per MaxMara a Reggio. E oggi rappresenta con onore i colori dell’Italia in giro per il mondo.
Vitelaru è stata grande protagonista sul palco del teatro Valli assieme ad altri illustri sportivi reggiani: Yassin Bouih (che ha ricevuto pochi mesi fa anch’egli il ’Tricolore’) atleta che ha partecipato alle ultime Olimpiadi nei 3.000 Siepi e Stefano Baldini che la bandiera l’ha alzata più in alto di tutti col suo magico oro olimpico ad Atene nel 2004.
Tutti e tre hanno dialogato sui valori di cittadinanza e libertà della nostra bandiera, stimolati da Emanuela Audisio, storica giornalista sportiva di Repubblica, e Sara Zambotti conduttrice e autrice del programma radiofonico Caterpillar (quest’anno – grande novità dell’edizione della festa – media partner dell’evento insieme a RaiRadio2). Parlando di spirito olimpico, Vitelaru, ha raccontato le sue Olimpiadi. "Sono molto di più di una semplice competizione. All’interno del villaggio si creano rapporti, è come una piccola città in cui ogni palazzo rappresenta una nazione. Per me lo sport è vita e queste esperienze ti insegnano a conoscere te stesso e i tuoi limiti". Un pensiero condiviso anche da Bouih e Baldini.
Durante la discussione si è parlato di come lo sport possa diventare un potente strumento di inclusione, in grado di abbattere barriere e riconoscere meriti al di là della burocrazia. "Io sono figlio di genitori marocchini arrivati a Reggio nel 1994 – ha raccontanto il mezzofondista Bouih – Oggi mi sono emozionato tornando nella Sala del Tricolore, la stessa in cui mio padre, anni fa, ha prestato giuramento e ricevuto la cittadinanza".
A questo proposito, Baldini ha sottolineato il suo impegno nell’aiutare i giovani atleti non nati in Italia a superare l’iter burocratico necessario per ottenere i documenti mettendo a disposizione la sua esperienza. "L’atletica in Italia dà la possibilità agli atleti di partecipare ai campionati italiani anche quando hanno solo appena iniziato l’iter per chiedere la cittadinanza. Diamo questo piccolo vantaggio a questi ragazzi che sognano di vestire la maglia azzurra. Sta poi a noi coinvolgerli e farli sentire parte di una squadra". Il senso di cittadinanza si è evoluto nel corso degli anni, come ha sottolineato la giornalista Audisio durante la discussione "Oggi non conta tanto dove si è nati, conta dove si è cresciuti" ha spiegato la professionista di Repubblica. In questo senso, l’Italia può e deve essere orgogliosa di avere tra le sue fila atleti che, indipendentemente dalle loro origini, portano il Tricolore nel mondo con passione e dedizione, rappresentando il meglio del Paese".
Elia Biavardi