REDAZIONE REGGIO EMILIA

L’Europa e le contraddizioni per l’industria. Sostenibile o totalmente libera?

Gli industriali reggiani si confrontano sull'industria italiana e l'Europa, evidenziando sfide legate alla competitività e alla sostenibilità in vista delle elezioni europee.

L’Europa e le contraddizioni per l’industria. Sostenibile o totalmente libera?

A poche settimane dal voto europeo, gli industriali reggiani si sono interrogati pubblicamente con l’incontro dal titolo “L’Industria italiana e l’Europa”, che si è tenuto all’Auditorium Credem.

Il programma ha visto l’apertura dei lavori a cura di Roberta Anceschi, Presidente Unindustria Reggio Emilia, sono seguiti gli interventi di Carlo Altomonte, professore associato in Economia dell’integrazione Europea Università Bocconi; Dario Di Vico, giornalista del Corriere della Sera e Antonio Gozzi, Presidente Federacciai e neonominato Special Advisor Confindustria Autonomia Strategica Europea, Piano Mattei e Competitività. Ha condotto i lavori Andrea Cabrini, Direttore Class CNBC.

La presidente Anceschi ha spiegato come "pur in un contesto di generale rallentamento dell’economia, l’industria italiana nel 2023 ha prodotto un fatturato di circa 1.200 miliardi di euro, di cui 600 derivanti dalle esportazioni. Questo rappresenta uno straordinario asset per l’Italia, non solo in termini economici ma anche sociali. L’economia italiana ed europea è stata travolta, negli ultimi anni, da cambiamenti profondi legati non solo a fatti esogeni, come la pandemia, le vicende geopolitiche e i conflitti in corso, ma anche a precise scelte attuate a livello europeo e nazionale". Ma ha poi anche rilevato un quesito cruciale: "Può un continente aperto in modo indiscriminato al commercio internazionale dotarsi internamente di obblighi e costi asimmetrici rispetto ai competitori globali? La risposta è una sola: no. Si può scegliere, infatti, di perseguire il massimo di competitività, ma allora non bisogna gravare le imprese di costi insostenibili. Oppure, si può decidere di costruire un’economia più sostenibile, ma allora serve un riequilibrio della concorrenza internazionale. Il rischio di deindustrializzazione dell’Europa è figlio di questa contraddizione a cui si è aggiunto, negli ultimi anni, un terzo elemento: la fragilità delle Catene Internazionali del Valore".