Nel match scudetto fischiano solo donne

E’ la prima volta nella storia. Tra i 5 arbitri c’è Chiara Vanini di Reggiolo: "Se crediamo nella parità tra uomo è donna non dovrebbe fare notizia"

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di Marco Ballabeni

Oggi per la prima volta la finale scudetto femminile di rugby sarà diretta da uno staff interamente composto da donne: primo arbitro la beneventana Maria Giovanna Pacifico, sulle linee le sorelle romane Beatrice e Clotilde Benvenuti, TMO (il VAR del rugby per intendersi) la parmense Munarini, quarto uomo la bolognese Paparo e quinto Chiara Vanini, 35 anni, laureata in architettura, nata e cresciuta a Reggiolo. La finale tra le venete Valsugana e Villorba è allo stadio Lanfranchi di Parma e sarà trasmessa in diretta su youtube alle 14.30. Su Rai Sport, solo il secondo tempo dalle 15.40.

Chiara Vanini, prima curiosità: qual è il compito del quinto uomo?

"Supporta il resto del team arbitrale nella gestione di ciò che è a contorno del gioco: il punteggio, le sostituzioni… Aiuta i colleghi a gestire tutto quel che concerne la partita".

Il termine ’uomo’ in ’quinto uomo’ suona male alle orecchie di un arbitro donna?

"E’ di uso standardizzato, non l’ho mai percepito come un problema".

E’ giusto dire arbitro o arbitra?

"Credo che non ci sia una differenza sostanziale; se è utilizzato con rispetto, e non con sfumatura denigratoria, vanno bene tutti e due. A me capita di essere chiamata sia arbitro sia arbitra".

Il nord-est della nostra provincia è una zona poco fertile per la palla ovale; lei, di Reggiolo, come si è avvicinata al rugby?

"In particolare grazie al fatto di aver fatto le superiori a Guastalla, dove ho studiato ragioneria. Dall’altra parte del Po c’è Viadana e alcuni dei loro giocatori vennero nella nostra scuola, era il 2003, per proporre un’attività collaterale nell’ora di educazione fisica. Da lì è iniziato tutto, anche se in realtà già dagli anni ’90 mio papà mi aveva trasmesso la passione per il rugby: guardavamo insieme le partite in tv. Nel 2000 a Roma ho visto il mio primo match dal vivo, Italia-Australia al Flaminio. E nel 2005 ho iniziato a giocare in un club: Colorno, Formigine, di nuovo Colorno; finché un infortunio alla spalla mi ha costretta ad abbandonare. Poco dopo, grazie ad amici dell’ambiente, il mio primo corso arbitrale".

C’è un altro arbitro in famiglia.

"Sì, mio marito Alessio Vaccari. Ha giocato per vent’anni (anche nel Viadana e nel Guastalla, ndr) e a 38 anni ha deciso di interrompere la carriera di giocatore e iniziare quella da arbitro. Viviamo a Reggiolo con il nostro bimbo, Alvise, e siamo entrambi arbitri nazionali di terza categoria. Esiste la fascia di arbitri regionali e quella di arbitri nazionali, divisi in tre categorie".

Quanti ne ha la sezione di Reggio?

"Siamo solo quattro: io, mio marito, Gianluca Farinelli e Andrea Poluzzi, che però è verso fine carriera. E poi c’è Alberto Pellegrino, che fa parte della sezione di Parma ma vive a Ciano".

Le regole del rugby sono complicate e in costante evoluzione. E’ difficile gestire un regolamento così complesso?

"Una difficoltà può essere passare di settimana in settimana da una categoria all’altra, perché ci sono alcune differenze tra le norme della categoria senior e quelle dei campionati under, però in generale ci sentiamo sicuri nel padroneggiare il regolamento, anche perché siamo molto supportati dai comitati arbitrali e dai club".

Per la prima volta una finale scudetto con soli arbitri donne: è un passo significativo?

"Fa piacere ed era uno scoglio che prima o poi si doveva superare; ma in fondo è una notizia che non dovrebbe fare notizia, se crediamo davvero alla parità tra donna e uomo".

E’ tesa per la gara?

"Mi è capitato di partecipare a match importanti e so che dovrà andare tutto alla perfezione:

Perciò un po’ di agitazione, per non dire ansia, si fa già sentire!".