Da Rovigo a Siena, da San Bortolo a Monte Oliveto: un gemellaggio di storia e identità

All'abbazia di Monte Oliveto si presenta il libro "Il monastero e la città. San Bartolomeo di Rovigo: vita religiosa, arte, cultura, economia”

il chiostro maggiore di Monte Oliveto

il chiostro maggiore di Monte Oliveto

Rovigo 17 febbraio 2024 - Dal quartiere di San Bortolo a Rovigo fino al monastero di Monte Oliveto, in provincia di Siena. Un centinaio di parrocchiani, guidati da don Andrea Varliero, hanno fatto tappa nella splendida sede della congregazione benedettina degli olivetani che si erge maestosa sulle colline senesi. Un lungo viaggio verso le nostre radici. Perché a San Bortolo, a Rovigo, si trova lo splendido monastero olivetano, un tesoro storico e architettonico della città, sorto in età medievale, che è stato nel corso dei secoli, fin dalla sua nascita, un importante centro religioso e culturale.

Attualmente è sede del museo dei Grandi Fiumi e anche della Minelliana, l'associazione culturale rodigina che negli ultimi 50 anni ha accompagnato la vita cultura di Rovigo e del Polesine con oltre 250 libri e che proprio al monastero di San Bartolomeo ha dedicato una delle sue ultime pubblicazioni. Il vicepresidente della Minelliana, Antonio Lodo, il presidente dell'Accademia dei Concordi Pierluigi Bagatin e l'ex direttore dell'archivio di Stato di Rovigo, Luigi Contegiacomo sono intervenuti all'abbazia di Monte Oliveto nel corso della presentazione del libro "Il monastero e la città. San Bartolomeo di Rovigo: vita religiosa, arte, cultura, economia" a cura di Stefano Zaggia. Uno stimolo ed un invito ad approfondire la conoscenza del proprio territorio. Contribuendo a creare un’identità che fa riferimento ai legami con altre persone e altri luoghi, al bisogno di relazioni su cui poter contare, cui fare riferimento per definire se stessi, restando fedeli a una logica di continuità e di riconoscibilità.

Il Chiostro maggiore di Monte Oliveto offre un vivente capitolo di storia dell’arte, con gli affreschi del Signorelli e soprattutto con quelli del Sodoma che in questo monastero olivetano ne fece di tutti i colori, in barba ai placidi monaci e con le opere d’intarsio e di scultura lignea del grande fra Giovanni da Verona. Ci afferrano e ci inseguono i ricordi storici rievocati direttamente sui luoghi. L’esperienza a Monte Oliveto ha permesso alla comunità rodigina di guardare con occhi diversi l’ambiente in cui viviamo, il territorio che calpestiamo e, soprattutto, a riconsiderarlo come una parte integrante di noi stessi, di ciò che ci rimane al di là del fluire delle vicende e delle circostanze, degli atteggiamenti e degli avvenimenti, aiutandoci a resistere contro l’onda d’urto della modernità e scongiurare gli effetti di una nuova modernizzazione senza progresso.

Un viaggio lungo 300 km radici, alle sorgenti di noi stessi, intese, quest’ultime, come un aggancio solido con il passato che deve metterci in grado di proiettarci nel mondo, lanciarci nel mare aperto della modernità e della modernizzazione senza costringerci per questo a buttarci letteralmente allo sbaraglio. Una fonte da cui ripartire per costruire nuovi percorsi, in cui tutti e ciascuno si possa riconoscere, per abitare un futuro ospitale, aperto anche ai processi fluttuanti delle identità collettive contemporanee.