PAOLO TOMASSONE
Eventi

Razzoli: "In vetta al Cimone mi sento a casa. Ottime piste, buon cibo e passione vincente"

Il campione viene spesso ad allenarsi sulle nostre montagne: "Dolomiti? Anche qui maestri molto competenti, hanno plasmato la mia tecnica"

Razzoli: "In vetta al Cimone mi sento a casa. Ottime piste, buon cibo e passione vincente"

Razzoli: "In vetta al Cimone mi sento a casa. Ottime piste, buon cibo e passione vincente"

Se uno guarda al medagliere capisce che in Appennino ci sono sciatori sopraffini. Non sarà certo uno sci da serie B, minore, quello che regala all’Italia i titoli olimpici e mondiali di Zeno Colò, Alberto Tomba e Giuliano Razzoli. "Macché serie B. Qui c’è l’ambiente giusto e le persone più competenti che hanno plasmato la mia tecnica e mi hanno permesso di arrivare fin dove sono arrivato". Ancora oggi, a 39 anni, è tra gli azzurri dello sci. Lui abita qua vicino. È cresciuto su queste montagne, che vanno dal reggiano fino a Sestola. Da qui ha spiccato il salto sul palcoscenico nazionale fino al clamoroso successo nel 2010 alle Olimpiadi di Vancouver, in Canada, da dove tornò a casa con una medaglia d’oro al collo nello slalom speciale.

Ma pur calcando le piste delle più prestigiose località sciistiche del mondo, tutti gli anni trova il modo di dedicare delle sessioni di allenamento sulle discese del Cimone. Anzi, proprio sul comprensorio, esiste una pista dedicata al suo nome e ben nota agli appassionati. Tutti la chiamano ‘Razzo’ – che è il suo nome abbreviato – e scende con un pendio vertiginoso dai 1.800 metri di Pian Cavallaro fino ai 1.300 de Le Polle. Ci rilascia questa intervista tra un allenamento e l’altro durante il ritiro con la Nazionale in Austria.

Razzoli, come sta andando il ritiro?

"Insomma... purtroppo sto rientrando da un infortunio che ho avuto una ventina di giorni fa durante gli allenamenti di Pozza di Fassa. Cadendo ho rimediato una contusione alle vertebre sacrali. Per lo slalom in calendario a Wengen, in Svizzera, avevo ancora molto dolore quindi con i medici e l’allenatore abbiamo deciso di cominciare gradualmente. Adesso sto meglio e quindi ho ripreso ad allenarmi con la squadra qui in Austria".

È deluso?

"Questo infortunio ha scombussolato i piani di questo mese. Mi spiace non aver potuto gareggiare a Kitzbuehel. Purtroppo nello sport spesso capita di dover stravolgere i programmi: chi più e chi meno è stato bloccato per un infortunio. A me, a dir la verità, è successo tante volte. Però non mi dispero, spero a inizio febbraio di poter gareggiare a Chamonix".

E a casa quando torna?

"Mi piacerebbe a fine mese salire in Appennino, dove sono le mie radici, dove ho imparato a sciare. A Febbio ho messo gli sci la prima volta, abitando a Villa Minozzo, e sul Cimone ogni anno torno per allenarmi e per testare un po’ di materiali. Per me è motivo di grande orgoglio: questo territorio e le persone che allenano lì, sono molto competenti, hanno plasmato la mia tecnica".

L’affetto è reciproco: in quota le hanno dedicato una pista e fino a poco tempo fa c’era anche una sua gigantografia. "So che il cartello con la mia foto è caduto e si è rotto, ma spero che presto lo rimettano. Per me è un bel riconoscimento e tutte le volte che arrivo su quella pista penso a quanta strada ho percorso in questi anni. È una grande soddisfazione".

Sa che su quella pista un giorno ha sciato anche un altro reggiano, l’ex premier Prodi? "Mi fa piacere che abbia potuto sciare su una pista dedicata a me, così come sono contento per tutte le persone che la frequentano. È una pista molto tecnica e molto impegnativa. Io però per gli allenamenti sto spesso sulla Pelloni".

Tanti preferiscono andare a sciare sulle Alpi...

"In Appennino non possiamo avere l’ampiezza, le dimensioni e i dislivelli degli altri, ma questo non vuol dire che non ci si possa divertire anche qui. Le nostre piste sono più tortuose delle ‘autostrade’ delle Dolomiti, si impara a sciare molto bene. E poi abbiamo altri punti di forza: si mangia bene, i prezzi sono onesti rispetto alle più famose Alpi e le persone sono molto accoglienti. Non c’è bisogno di fare dei confronti, non ha senso: siamo diversi, un po’ più piccoli, ma qui c’è molta passione per lo sci e questo si sente".

Con queste condizioni climatiche la fatica è doppia. Come sarà il futuro dell’Appennino? "Nessuno può prevedere il futuro ma qui di certo nessuno è rimasto a guardare. Le persone del posto ci mettono l’anima, si sono attrezzate. Si deve insistere perché l’attività sciistica è molto importante per la nostra montagna, dà lavoro a tante famiglie ed è fondamentale. Dobbiamo convincere sempre più giovani a imparare a sciare perché è uno degli sport più educativi, ti costringe a prenderti cura di te, ti obbliga a volerti bene.

È uno sport individuale, ma lo vivi insieme a una squadra e questa è un’esperienza unica".

E il futuro del ‘Razzo’ come sarà?

"Io sono molto longevo sugli sci perché è uno sport incredibile, che amo tanto. Non mi ha mai pesato allenarmi e i momenti difficili vengono ripagati dall’emozione che provo ogni volta che mi affaccio su una pista.

Il futuro? Rimarrò sempre nel mondo dello sci. Però ho cominciato anche a lavorare nell’acetaia di famiglia che è sempre stata la mia seconda passione".