Claudia Cardinale (Ansa)
Bologna, 6 febbraio 2016 - Dal momento che interpreta il ruolo di una donna che porta il nome della nonna, in un film incentrato su una tematica che riguarda in qualche modo il mondo del padre, la sua partecipazione straordinaria a Ultima Fermata sembra quasi avere motivazioni di stampo freudiano. Ma, a conquistare Claudia Cardinale è stata la forza del copione dell’opera prima di Giambattista Assanti che - a 50 anni di distanza da C’era una volta il West, dove l’attrice era alle prese con una ferrovia da costruire - mette uno dei simboli del cinema italiano di fronte alla soppressione di una tratta che rappresenta un pezzo di storia del Mezzogiorno. Madame Cardinale – eterna ragazza con la valigia - sarà questa sera al Nuovo Nosadella di Bologna (via Berti 2/7) per presentare il film, candidato ai David di Donatello 2016. Ma si vocifera che si rivedrà presto a Bologna, per un progetto che vede coinvolto anche Raffaele Pisu…
Perché ha accettato di partecipare a ‘Ultima Fermata’?
«Io ho una piccola parte ma il film mi ha affascinato perché mio padre lavorava nella compagnia ferroviaria di Tunisi. E quando ho letto il copione, l’ho trovato molto bello».
C’è uno spunto di riflessione su quante cose si diano per scontate nella società dell’iperconnessione, che sacrifica paradossalmente fermate ferroviarie vitali per piccoli paesi…
«È tremendo. Quella di cui si parla nel film è solo una delle tante stazioni che stanno scomparendo. Ma il problema dei collegamenti fisici tra i luoghi e le persone è un tema davvero molto importante. Pensi che, ad altri livelli, io vivo a Parigi e per arrivare a Roma senza scali devo fare i salti mortali».
E lei crede che il film possa servire a qualcosa?
«Spero proprio di sì. Giambattista l’ha fatto anche per questo».
Cosa le ricorda, in termini di autobiografia cinematografica, ‘Ultima Fermata’?
«Beh, forse C’era un volta il West, quando scendo dal treno».
Lei ha fatto così tanti film che persino quello che potrebbe essersi dimenticata, per qualcuno rappresenta un ricordo indelebile. Sa che Quentin Tarantino si è innamorato di lei a 9 anni, vedendola in ‘Circus World’?
«Me l’ha detto. Eravamo insieme a un festival, è venuto verso di me e mi ha confessato che, quando mi ha visto baciare quello, si è incavolato tantissimo. Eravamo in questa sala, ridevamo come matti e tutti ci guardavano esterrefatti».
Esiste una pellicola che la rappresenta completamente?
«È molto difficile. Io sono arrivata nel momento magico del cinema e ho lavorato con dei grandissimi. Con Visconti, era come fare teatro. Con Fellini, non c’era copione: lui parlava, poi se ne andava e, per fortuna, arrivava Marcello che mi ripeteva quello che mi aveva chiesto. E ho anche ricordi bizzarri. Quando ho fatto Le Pistolere di Christian-Jaque, con Brigitte Bardot, dovevo cantare. Dopo quel film, i registi hanno cominciato a chiedermi di farlo sempre. Sono arrivata anche prima in Giappone…Ho avuto l’immensa fortuna di girare il mondo, dalla Russia all’Amazzonia. Era quello che volevo fare da giovane. E l’ho fatto».
Cosa pensa del cinema italiano di oggi?
«Mi fa molto arrabbiare che l’assenza di finanziamenti metta in difficoltà molti giovani registi. In Francia, è diverso. Molti autori emergenti mi scrivono disperati e mi mandano le loro sceneggiature. In effetti, sto lavorando su molte opere prime. E lo faccio con piacere, perché per me è molto importante il copione».
Pare che stia leggendo quello di un film che si girerà anche a Bologna con Raffaele Pisu nel cast.
«Sì, è una delle cose che devo rileggere. Mi mandano un numero incredibile di sceneggiature. Ed è strano, perché una donna, a 77 anni, di solito viene liquidata. Io, invece, sono sempre con la valigia, come nel film di Zurlini».
Ma lei è Claudia Cardinale...
«No. Sa cos’è? È che la gente mi vuole bene».
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