Berchidda (Olbia-Tempio), 3 luglio 2013 - «GIULIO non era un bambino cattivo, ma era bugiardissimo. Raccontava un sacco di favole. Come quella che era stato rapito dagli alieni su un’astronave e poi riportato indietro. Gli piaceva inventare storie e noi lo ascoltavamo divertiti. Mai avremmo pensato che potesse fare una cosa simile». A Berchidda, il paese natale di Giulio Caria, l’artigiano di 34 anni in carcere con l’accusa di aver ucciso e nascosto nel congelatore la compagna Silvia Caramazza, 39, sono tutti sconcertati. Chi lo conosce fin dalle elementari, quando era soprannominato Arnold per via di quei capelli crespi che lo facevano assomigliare alla piccola peste del telefilm americano, non riesce a credere che il ragazzino che diceva «tante bugie, ma in modo innocente» sia diventato un efferato assassino.

ORA che la storia è finita su tutti i giornali e tg nazionali, però, nessuno ha dubbi. «È colpevole, senza discussione», dicono gli anziani seduti al bar della centralissima piazza del Popolo, fra la chiesa e la Casa comunale. Non c’è un paese spaccato fra innocentisti e colpevolisti. Nessuno crede alla tesi del giovane, che l’assassino sia un altro uomo.

«Dovrebbero metterlo in una buca e coprire tutto, per quello che ha fatto — è il ritornello che si sente, fra un vermentino e una birra ghiacciata —. Se non fosse stato lui non sarebbe scappato in quel modo». Caria infatti è stato catturato dai carabinieri sabato a Padru, non lontano da Berchidda, dove si era rifugiato in un agriturismo.
 

I BERCHIDDESI non accettano che l’immagine del loro paese, alle pendici del monte Limbara, nel cuore della Gallura, famoso per un’importante rassegna di jazz, coincida con quella di Caria. Tremila anime scarse, vicoli che si inerpicano in salite ripidissime, poco lavoro ma tanta cultura: musica, teatro, poesia. Berchidda ha il suo orgoglio e Caria è ormai un corpo estraneo. Qui ci sono la sua famiglia, la mamma e uno dei sei fratelli, molti zii e cugini. «Tutta gente onesta e lavoratrice», dice il paese in coro. Ma lui, Giulio, non è «più uno di qua». Lo considerano quasi uno straniero, visto che se n’è andato una quindicina di anni fa per cercare fortuna in continente. È tornato con una sequela di precedenti, dalla rapina alla truffa agli abusi edilizi.
 

E POI c’è quell’«altra brutta storia». Quella che tutti conoscono. La storia di Giulio e dell’ex compagna berchiddese, fuggiti a Bologna perché la famiglia di lei non vedeva di buon occhio lui. Hanno vissuto insieme dieci anni ed è nato un figlio, che oggi ha 5 anni. È finita con una denuncia per stalking che la donna ha formalizzato contro l’ex. «È una miracolata, poteva toccare a lei», dicono tutti. E lo dicono anche i genitori della ragazza, che ora è in una struttura protetta assistita da psicologi specializzati.
 

«SIAMO increduli — dice il sindaco Sebastiano ‘Bastianinu’ Sannitu, che guida una giunta multicolore —: fatti di questo genere sono estranei alla nostra comunità. Conosciamo la famiglia Caria, gente onesta, umile, laboriosa. Noi di solito siamo famosi per ben altro, come la cultura. Quel terribile fatto, se confermato a carico del ragazzo, noi lo rifiutiamo. Anche perché è nato al di fuori della comunità e della sua famiglia». «Finché è rimasto qui, fino ai 17-18 anni — dice il vicesindaco Sergio Meloni —, non ha mai dato problemi. L’azione è umanamente imperdonabile. Ma Berchidda non c’entra, nascere qui non è una sfortuna, la testa calda può capitare ovunque».

dall'inviato Gilberto Dondi

 

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