L'amico americano

di Andrea Cangini

CHE fossimo inconsapevolmente seduti su una bomba demografica, diversi studiosi lo scrivono sin dagli anni Settanta, ma è tipico della natura umana, e dunque dell’indole politica, prendere coscienza dei fenomeni solo quando si è sul punto di esserne travolti. Decennio dopo decennio, il fiume delle migrazioni si è andato lentamente gonfiando finché negli ultimi due anni la bomba è esplosa e il fiume è tracimato. Concorrendo di slancio alle primaverili crisi dei regimi libico e siriano abbiamo allegramente abbattuto con le nostre mani la diga che da tempo fermava la piena. Il resto l’ha fatto Internet, la scoperta che esiste un nuovo mondo a poche miglia dalla costa, la facilità di reperire informazioni su come raggiungerlo. L’onda è lunga e si è appena levata. Se non ci fossero le immagini sarebbe un grande problema di assistenza e di ordine pubblico. Ma ci sono le immagini. Immagini terribili e al tempo stesso bellissime. Fior di fotografi militarmente schierati lungo le coste e i confini ritraggono quotidianamente ogni corpo, ogni smorfia, ogni urlo e ogni lacrima. Molti bambini. Come in teatri di posa all’aperto, i fotografi svolgono minuziosamente il loro lavoro e lo fanno con arte. Foto tragiche, appunto, tuttavia bellissime.

FOTO che si fanno bandiere di quello che non appare ormai più un fenomeno migratorio, ma è diventato un esodo. Un esodo biblico che ci atterrisce e ci trova completamente inermi. Proviamo pena, ma abbiamo paura. Non sappiamo se tendere la mano o stringere il pugno. Alziamo allora lo sguardo al Palazzo e il potere ci appare perfino più incerto e disarmato di noi. Molto più incerto e disarmato di noi.

NEL CAOS nordafricano e mediorientale si specchiano alla perfezione il caos dell’Europa, lo svuotamento degli Stati e la conseguente inadeguatezza delle classi politiche nazionali. Tutto si tiene: abbiamo tutti, ciascuno a modo suo, lo stesso problema di fondo. Le migrazioni traggono infatti origine da crisi politiche locali e investono un’Europa in piena crisi di identità in un’epoca in cui la “crisi del potere” e la “crisi della politica” sono ormai divenuti argomenti da bar. Due debolezze a confronto. Due naufragi nel medesimo mare.

SEMBRA dunque bizzarro che a dare all’Europa lo stimolo politico che le manca siano gli Stati Uniti. Ovvero il Paese occidentale che con maggiore evidenza ha smarrito il senso del proprio ruolo nel mondo e della propria leadership globale. Eppure, nelle scorse settimane il pressing americano sulla Germania, pressing realizzato attraverso la Francia di Hollande, ha contribuito più di quanto non si creda a sbloccare l’impasse con la Grecia. Ora, sempre per esigenze geopolitiche, Obama sta premendo sulla Merkel affinché si assuma le proprie responsabilità di paese egemone, spingendo la vecchia Europa ad affrontare compatta l’esodo in corso.

SAREBBE paradossale che per la seconda volta la spinta decisiva all’Europa affinché affronti con realismo i problemi che più direttamente l’affliggono venisse dalla lontana America.

di Andrea Cangini