Caos rifiuti, la Procura apre un fascicolo

Ipotizzata l’interruzione di pubblico servizio per ora a carico di ignoti

Caos rifiuti a Ravenna, la magistratura ha incaricato i carabinieri (foto repertorio)

Caos rifiuti a Ravenna, la magistratura ha incaricato i carabinieri (foto repertorio)

Ravenna, 27 aprile 2016 - Cassonetti stracolmi e immondizia immobile per giorni attorno alle campane della differenziata. Sul caos rifiuti che ha segnato Ravenna, la procura ha ora aperto un fascicolo.

L’ipotesi di reato, per adesso contro ignoti, è quella di interruzione di pubblico servizio, scenario che in caso di condanna prevede la reclusione fino a un anno. Per i promotori dell’eventuale interruzione, la pena può arrivare a cinque anni.

Titolare dell’inchiesta, affidata al reparto operativo dei carabinieri, è il procuratore capo Alessandro Mancini che ha deciso di fare chiarezza probabilmente alla luce di quello che si è rivelato essere non un semplice e temporaneo mancamento del servizio di raccolta, ma un evento che si è prolungato nel tempo.

Il perdurare di talune criticità e le lamentele di diversi cittadini – giunte soprattutto dal forese per una settimana intera e almeno fino a lunedì scorso – hanno spinto la magistratura ad acquisire in proprio quella che tecnicamente viene indicata come ‘notizia di reato’.

Bocche cucite in merito ai prossimi passi delle verifiche. Ma è possibile ipotizzare che gli inquirenti cercheranno, sia sulle carte con attraverso testimonianze, di ricostruire la trafila che potrebbe avere portato alla debacle.

Tra i documenti che potrebbero finire al vaglio, ci sono quelli relative al nuovo appalto Hera da 41,2 milioni di euro per due anni rinnovabile annualmente. Ad aggiudicarselo nel dicembre scorso è stato il consorzio milanese ‘Ambiente 2.0’ formato dalla capogruppo ‘Aimeri Ambiente srl’ e dalla mandante ‘Pianeta Ambiente’.

Su questo fronte, esiste peraltro un ricorso pendente davanti al Tar promosso dal precedente gestore del servizio, la ravennate ‘Ciclat Trasporti Ambiente’.

Ma ben prima del ricorso e della crisi ravennate, il nome di Aimeri era circolato sui quotidiani anche se non locali. Tanto che a Siracusa di recente una srl concorrente ne ha chiesto l’esclusione dalla gara per i rifiuti sulla base della presunta situazione della società milanese.

In particolare sulla bilancia ci sono finite due carte. La prima, del luglio 2015, è del giudice delle esecuzioni al tribunale di Milano e dice che «contro la Aimeri pendono oltre 70 procedure esecutive mobiliari presso terzi». Il giudice annota poi che «la pendenza di una procedura di esecuzione forzata rappresenta di norma un indizio dell’incapacità dell’impresa debitrice di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni».

Nell’altro documento, redatto nello scorso maggio dalla società di revisione incaricata di certificare il bilancio 2014 della Aimeri, si legge che «la società è esposta a molteplici incertezze relative a eventi o condizioni che potrebbero comportare seri dubbi significati sulla capacità di continuare a operare».

Tanto che – conclude la relazione – «il presupposto della continuità aziendale è soggetto a molteplici incertezze (...)». Circostanze queste, va sottolineato, che fin qui non hanno assunto alcun rilievo penale alimentando al massimo contenziosi amministrativi.

In ogni modo, altri elementi di eventuale interesse per gli inquirenti potrebbero arrivare dalle carte degli organigrammi di tutte le società legate alla raccolta della spazzatura: ovvero chi è competente a fare cosa. Solo ipotesi al momento. Di sicuro c’è che il caos rifiuti ha ora assunto la dimensione di caso penale.