"Le spese pazze in Regione? Potevano avere tornaconti"

Così la Corte di Appello di Perugia ha motivato le condanne per Spacca e Bugaro: "Non andavano fatte perché non giustificate". I due: "Ricorreremo in Cassazione"

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Un appello "parzialmente fondato quello proposto" che ha trovato conferme nella Corte per la quale certe spese affrontate avevano "resoconti estremamente generici" e c’era "mancanza di documentazione o documentazione non idonea a giustificare le spese" per escludere denaro pubblico utilizzato per l’attività di parte tipica del partito di appartenenza. Potevano essere rimborsabili soltanto le spese strumentali al perseguimento dei fini istituzionali del gruppo consiliare nonché quelle volte a soddisfare la funzione rappresentativa esterna del gruppo. Bene quelle per spettacoli e beneficenza, no quelle per l’immagine personale, anche attraverso i social, perché potevano avere dei tornaconto singoli come la visibilità per essere rieletti, spese non giustificate che quindi non andavano fatte.

Così la Corte di Appello di Perugia ha motivato le condanne per l’ex presidente della Regione Marche Gian Mario Spacca e l’ex consigliere regionale Giacomo Bugaro sulla vicenda delle spese pazze. Entrambi erano stati prima assolti da due tribunali poi la Cassazione aveva rinviato le carte alla Corte di Appello di Perugia che il 27 ottobre dello scorso anno li ha condannati per peculato (un anno e otto mesi Spacca e un anno e sei mesi Bugaro, pena sospesa per entrambi). A ritornare al giudizio di secondo grado erano stati in cinque, c’erano anche l’ex segretario regionale del Pd Francesco Comi, assolto perché il fatto non sussiste, l’ex consigliere Massimo Binci (Sel), per lui non doversi procedere per sopraggiunta morte e l’ex addetto del gruppo Pd in Regione Oscar Roberto Ricci, assolto perché il fatto non costituisce reato. Pranzi al ristorante, eventi e spese postali sono state le uscite contestate per fini personali. Una indagine partita a tutto campo nel 2013 che interessò gli anni di due legislature, dal 2008 al 2012.

Bugaro è stato condannato per un totale di 3.400 euro riferibili per lo più a spese postali e convegnistiche. Una del 21 luglio 2009 a Roma, un convegno, per cui ebbe un rimborso di 200 euro, presente l’allora ministro del Lavoro Sacconi del suo stesso partito ma un "convegno estraneo – dice la Corte – a problematiche istituzionali e politiche per le Marche" quindi era "attività propria". Poi 800 euro di spese postali per mandare auguri natalizi, a soggetti che "non avevano nulla a che fare con l’attività istituzionale del gruppo consiliare", dice la Corte e dove spuntano vescovi, cacciatori, parroci e operatori della Riviera del Conero, "al contrario ci si trova di fronte ad attività di propaganda politica verso potenziali elettori".

Spacca è stato condannato per 5 capi di imputazione su 60, la Corte ha riconosciuto quelli relativi alle spese per i periodici "Marche Domani" e "Koiné", "propaganda politica per chi era intervistato" per la messaggistica "Aruba" e alcune per la ristorazione. La difesa dell’ex governatore, rappresentata dall’avvocato Alessandro Gamberini, definisce la sentenza: "Eccentrica, la montagna che ha partorito il topolino e affetta da grave nullità dal punto di vista delle regole processuali perché sulla ristorazione non ha detto che spese contesta. Aruba? Priva di motivazione, non era in rappresentanza del gruppo lui era il presidente, la spesa era motivata. Ricorreremo in Cassazione". Anche Bugaro lo farà e aggiunge: "Rimanderò i commenti in quella sede".

Marina Verdenelli