
La lunga opera di restyling ha portato nuova vita per il commercio anche se restano ancora tanti i locali chiusi. Il nodo sicurezza per la sera. Mancano i parcheggi con auto ferme lungo la corsia preferenziale dei bus.
Il rione dei contrasti, della storia e del rinnovamento. Sono gli Archi di Ancona, che collegano le zone del Piano e della stazione ferroviaria al centro città, disposti poco fuori da Porta Pia, da cui inizialmente presero il nome di Borgo Pio, davanti al Mandracchio e alla Mole. Zona di pescatori ma negli ultimi decenni anche di tanti stranieri che sono arrivati nel capoluogo. Come pure strada di transito per i tanti operai che lavorano al porto, ma anche ritrovo serale per i diversi locali che specie negli ultimi anni hanno scelto questo quartiere come luogo alternativo, centrale ma non troppo.
Oggi il rione è diventato multietnico. Basta fare una passeggiata nelle ore serali o capitare fuori dalle scuole Da Vinci in un’ora di punta, o al capolinea Flixbus-Itabus per farsene un’idea. Tutto questo fa parte della variegata realtà degli Archi, dove le insegne di "affittasi" e "vendesi" sulle vetrine dei negozi fanno da contrappeso a chi ristruttura, chi apre o ha aperto da poco. Sono sempre di più, infatti, le attività che hanno scelto, creduto e investito sul quartiere. Così a fianco al Bobeche Vintage Store, presente su entrambi i lati di via Marconi, allo storico ristorante Sot’aj Archi e ad Ali Esteki Carpets, ma anche al bar Four Roses, ecco che negli anni sono arrivati in quella zona l’istituto InLingua, il ristorante pizzeria Sepofà, il ristorante Miscia, il negozio di fiori olandesi Campoverde, ma anche la Panetteria Rionale, aperta da pochi mesi.
È un quartiere più vivo che mai, cui diversi interventi di restyling, primo tra tutti quello effettuato in piazza del Crocefisso, ma anche tutto il marciapiede lato "mare", hanno permesso di riappropriarsi di spazi per la cittadinanza, di recuperare il decoro perso negli anni, di tornare a essere attrattivo per chi ci abita ma anche per il resto della città. Oggi ci si può trovare cucina cinese, cingalese, greca, peruviana, ci sono kebab vicino a macellerie etniche, negozi di abbigliamento, di nautica, di arredamento e illuminazione e d’altro ancora. È un quartiere che non perde la sua caratteristica né la sua storia, ma che si mescola alle influenze portate da chi arriva da fuori. Così su un lato, sul fronte dei portici, via Marconi assomiglia a una strada di Bologna, e sull’altro sembra quasi un boulevard francese, capace con i suoi spazi e i suoi tavoli all’aperto di attirare frequentatori e turisti.
I problemi non mancano, dalla cronica carenza di parcheggi alle auto ferme lungo la corsia preferenziale dei bus. La polizia locale cerca di mantenere la situazione sotto controllo, le auto delle forze dell’ordine passano spesso e volentieri, la notte si riscontra qualche disagio, c’è chi alza troppo il gomito e magari diventa molesto. Non c’è più la pista ciclabile, ma bici e monopattini transitano ugualmente, d’altra parte via Marconi è larga a sufficienza per tutti. Sul marciapiede c’è anche chi fa jogging. E poi ci sono i problemi degli altri quartieri di Ancona, come la sporcizia, l’incuria degli stessi residenti, i mozziconi di sigaretta gettati ovunque, gli escrementi dei cani, i lavori in corso in qualche cantiere. Ma meno che altrove. D’altra parte se c’è chi ha deciso di investire sul quartiere un buon motivo ci sarà. E i contrasti di cui vivono e hanno sempre vissuto gli Archi, oggi ne fanno un simbolo dell’integrazione.