FEDERICO DEL PRETE
Cronaca

Antenne telefoniche Bologna, stangata Imu da 4 milioni

E’ la cifra dovuta per l’imposta al Comune dalle tre compagnie, mai pagata dal 2013 al 2016. Il Palazzo ora va all’incasso

Nel 2016 gli impianti di telefonia in città erano 270, in crescita

Bologna, 3 novembre 2019 - Il Comune bussa alla porta dei colossi della telefonia mobile per riscuotere tasse non pagate per almeno quattro anni. Dai controlli di Palazzo d’Accursio, infatti, sarebbe emersa un’irregolarità clamorosa: dal 2013 al 2016 marchi nazionali come Wind, Tim e Vodafone non hanno mai versato l’Imu per la foresta di antenne che via via sono state installate in città. In totale, da una prima ricognizione, all’appello mancherebbero circa 4 milioni di euro. Noccioline per i bilanci di queste aziende, risorse importanti per un Comune viste le magre attuali.

«E’ inammissibile che ci si renda conto di questo solo ora, perché è stato aspettato tanto?», attacca la consigliera del Gruppo Misto, Dora Palumbo. Tutto nasce da una sua interrogazione. La Palumbo, assistita dall’esperto in materia Alessandro Klun, dopo l’estate chiede all’amministrazione il volume del gettito della riscossione Imu legata agli impianti radio base con antenna. E sorprendentemente, dopo una richiesta di maggiori informazioni, dagli uffici comunali viene fuori la magagna. La vicenda è semplice. Le aziende telefoniche, una volta installate le antenne, avrebbero dovuto censirle in una precisa categoria catastale, la D. Come definito da una sentenza della Corte di Cassazione del novembre 2015 e precedentemente da un parere dell’Agenzia del Territorio del 2006. In soldoni, gli impianti con antenna vanno censiti come fossero immobili e ovviamente su quelli devono essere pagate le tasse.

E invece, scrive il Comune, «non risulta che le tre aziende di telecomunicazioni che operano sul territorio abbiano provveduto all’accatastamento delle antenne di telefonia mobile nella categoria D e, di conseguenza, non risulta che abbiano versato la corrispondente Imu». In realtà, Tim ha censito due ripetitori, ma – spiegano ancora i tecnici di Palazzo d’Accursio –-, «i valori catastali erano rappresentativi delle sole strutture e non delle dotazioni impiantistiche» e «tali censimenti sono probabilmente stati eseguiti in quanto la componente infrastrutturale dei ripetitori è talmente rilevante che la società ha inteso accatastarli come fabbricati ordinari e non come ripetitori telefonici».

Di fronte a questa situazione, il Comune ha così «iniziato delle attività di accertamento nei confronti di Tim, Vodafone e Wind», utilizzando la mappatura di Arpa di tutte le antenne sul territorio comunale. Il totale è impressionante: nel 2016 gli impianti erano ben 270, con un ritmo di crescita esponenziale. A giugno scorso è partita una prima richiesta alle tre compagnie «allo scopo di reperire i dati contabili, rappresentativi del valore dei dispositivi». Risposte: zero. Dunque, si è passati, ad agosto, all’invio «degli inviti a comparire», che erano stati calendarizzati in queste settimane. Il totale dell’Imu non pagata è di circa 4 milioni: 1,4 spetterebbe a Vodafone, 1,3 a Wind e 1,2 a Tim.

In caso di ravvedimento in tempi brevi, scatterebbe uno sconto di quasi il 50% sul totale. «Tutto questo ritardo va assolutamente chiarito», spiega la Palumbo: «Se un cittadino non paga l’Imu, l’accertamento è spesso molto più rapido». La consigliera, inoltre, promette massima vigilanza sulla vicenda e ulteriori approfondimenti, «per verificare anche l’esistenza di eventuali mancate entrate riferite agli anni precedenti al 2013». Dal 2016 in poi, infatti, la normativa nazionale è cambiata e le nuove disposizioni definiscono «gli elementi di reti di comunicazione elettronica ad alta velocità e le altre infrastrutture di reti pubbliche non più come unità immobiliari catastali» e, dunque, non sono soggette a imposte come l’Imu. A patto, altra circostanza sulla quale la Palumbo vuole chiarezza, che gli impianti con antenna siano stati accatastati nella nuova categoria F7, un passaggio senza il quale questa esenzioni potrebbe essere messa in discussione.

Nel 2018 , il Comune ha accelerato nella lotta all’evasione fiscale, tanto che le entrate dei tributi sono aumentate di 23,8 milioni di euro. Di questi, proprio il recupero dell’Imu ha fatto la parte del leone, garantendo gran parte dei 19 milioni di euro di riscossioni di tributi evasi. Ormai la tassa sugli immobili vale un gettito significativamente maggiore di Tari e Ici. Una stretta che ha dato risultati anche grazie allo snellimento delle pratiche burocratiche: avvisi, cartelle e notifiche partono più velocemente. Esattamente ciò che non ha funzionato riguardo alle antenne di telefonia mobile.