Bianchini: "I gialli? Fanno uscire dalla realtà"

Lo scrittore presenta domani ’Il cuore è uno zingaro’: "La mia canzone di bambino. Il maresciallo Clemente in Alto Adige, terra di confine"

Bianchini: "I gialli? Fanno uscire dalla realtà"

Bianchini: "I gialli? Fanno uscire dalla realtà"

’Il cuore è uno zingaro’. Non è più solo il titolo di una di quelle canzoni che hanno fatto da colonna delle nostre vite, ma anche quello dell’ultimo romanzo (Mondadori) di Nicola Bianchini, che lo scrittore torinese presenta alla Coop Ambasciatori domani alle 18.30. "È la mia canzone di bambino – spiega–. Quando l’ho raccontato al mio amico Gianni Morandi, mi ha detto che gli sarebbe piaciuto cantarla. Ho sentito anche Nada e Nicola Di Bari ed è stato emozionante: mai avrei pensato di ricevere un messaggio firmato Nada".

Bianchini in questo libro, un giallo, torna il maresciallo Gino Clemente.

"I miei libri vivono di vita propria, si possono leggere anche in modo indipendente. Il primo giallo l’ho scritto durante la pandemia: non potendo viaggiare, ho fatto un viaggio di genere".

Da Polignano siamo passati a Bressanone, in una sorta di ’Benvenuti al Nord’.

"Ho scelto l’Alto Adige, che non conoscevo, perché sono sempre stato attirato dalle terre di confine, che hanno a volte un’identità difficile, ma anche grande ricchezza. Sono passato dalla Puglia dove tutti mi aprono le porte a una terra in cui tutti sono molto più discreti. Il fenomeno di Sinner ha messo in evidenza la differenza fra gli altoatesini di lingua italiana e quelli di lingua tedesca: nel libro ho cercato di far comunicare le due comunità, che sembrano divise da un muro di cristallo. Scrivo cose che vorrei succedessero".

Fra i protagonisti del giallo c’è il cantante Gabriel Manero.

"È un nome d’arte, evocativo, è un personaggio che ha pubblicato un grande successo nell’83. Ho inventato lui e la canzone, ma il contesto è vero: in quegli anni andavano le canzoni spagnoleggianti e io ho inserito figure demodè, personaggi con il riporto...".

Molti suoi libri sono poi diventati film di successo. Quale dimensione sente più sua?

"Preferisco scrivere, sono ossessonato dal controllo di virgole, virgolettati, ripetizioni, sono pieno di tic verbali scritti. Nel cinema invece ti devi fidare, devi delegare: per quello ho scelto un amico per dirigere i film".

Perché i gialli appassionano sempre tanto i lettori?

"Perché ti fanno uscire dalla realtà. È lo stesso motivo per cui hanno successo i game show prima di cena, perché dicevano dei giochi. In un romanzo la realtà è molto protagonista, mentre nel giallo le tracce diventano una sorta di gioco, come gli indizi. La gente li ama perché c’è lettura, scrittura e anche il gioco".

E da scrittore?

"Mi piace più scrivere un romanzo, il giallo ha una componente matematica che devi decidere prima, come le false piste. A volte devi riscrivere molte cose".

Bologna, città del noir, la conosce?

"Mi ha conquistato in modo non velocissimo. È una città ’finta facile’, con questo bell’accento... ma prima di dare confidenza ci mette un po’, non te la regala, ma quando ti vuole bene è per sempre. A volte è un po’ severa: io vengo sgridato ogni volta da da Romano Montroni perché arrivo sempre un po’ in ritardo per scaramanzia (ride). Infine, è comoda, a parte la stazione: ogni volta ho un momento di smarrimento".

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