Bio On, Astorri e altri nove verso il processo

Chiesto il rinvio a giudizio per il caso della start up in fallimento. L’ex presidente: "La nostra era una società solida, ferocemente attaccata"

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di Federica Orlandi

Dopo avere chiuso le indagini, il 12 marzo scorso, ora la Procura chiede il rinvio a giudizio per i dieci indagati del caso Bio On. Il colosso delle bioplastiche di Castel San Pietro, che a ottobre 2019 finì nella bufera dopo che le indagini della Procura – con il procuratore capo Giuseppe Amato e i pm Francesco Caleca e Michele Martorelli – e del Nucleo economico finanziario della Guardia di finanza fecero scoppiare la ’bolla’ della start up.

All’epoca, furono iscritte nel fascicolo nove persone ed eseguite tre misure cautelari – finì ai domiciliari il cofondatore e presidente del Cda Marco Astorri, misura ridimensionata poco dopo, a seguito delle sue dimissioni con il divieto temporaneo di esercitare uffici direttivi; furono interdetti dall’esercizio dei ruoli aziendali, invece, il suo vice Guido Cicognani e il presidente del collegio sindacale Gianfranco Capodaglio –; ora, la richiesta di rinvio a giudizio riguarda dieci persone fisiche, tra membri del collegio sindacale, direttore finanziario, consiglieri di amministrazione e revisori contabili, oltre all’azienda in fallimento Bio on Spa. I dieci dovranno rispondere di false comunicazioni sociali e manipolazione del mercato; l’azienda della responsabilità amministrativa di avere omesso di adottare efficaci mezzi di organizzazione e controllo del titolo quotato in Borsa, che arrivò a una capitalizzazione di 1,3 miliardi di euro.

L’indagine, denominata ’Plastic Bubbles’, nacque a seguito del report al vetriolo del fondo speculativo Quintessential, che definiva la start up di bioplastiche "la Parmalat di Bologna, che si regge su un castello di carte". Astorri denunciò il fondo, ma il dubbio sulla trasparenza dei bilanci e le reali capacità produttive dello stabilimento si insinuò nella Procura. Secondo la quale, poi, gli indagati avrebbero diffuso o contribuito a notizie false sulle condizioni economiche e finanziare della società e sul movimento degli affari, provocandone il sensibile aumento del prezzo delle azioni, per un indebito vantaggio di almeno 36 milioni di euro. Le manipolazioni, prosegue l’accusa nella richiesta al tribunale, avrebbero anche portato a un "indebito aumento del valore delle azioni Bio On Spa da 5 euro a prezzi compresi tra 68,5 e 56,5 euro". Durante il blitz di un anno e mezzo fa furono sequestrati anche 150 milioni di euro tra azioni e profitti illeciti. A dicembre 2019 Bio On Spa è finita in fallimento; andrà all’asta il 5 maggio, con base 95 milioni di euro.

Commenta il professor Tommaso Guerini, avvocato di Astorri: "Prendiamo atto della decisione della Procura. Affronteremo con serenità e determinazione l’udienza preliminare, nel corso della quale vi sarà finalmente modo di chiarire alcuni aspetti essenziali per una corretta ricostruzione dei fatti su cui si fonda l’ipotesi d’accusa. Su tutti, che Bio On era una società solida e di grande prospettiva, non certo un ’castello di carte’, come invece sostenuto da chi la rese oggetto di un feroce attacco speculativo, scommettendo sul ribasso del valore delle azioni e ottenendo un ingente profitto dalle perdite subite da migliaia di risparmiatori".

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