Lo sguardo su ’piazza Grande’: Lucio Dalla bambino

Nel giardino di piazza Cavour, la panchina dedicata a lui. E dentro una galleria d’arte. c’è la ’finestra sul passato’.

Lo sguardo su ’piazza Grande’: Lucio Dalla bambino

Lo sguardo su ’piazza Grande’: Lucio Dalla bambino

Se ci si siede accanto a Lucio Dalla in mezzo al giardino di piazza Cavour, lo sguardo si posa su una delle celebri gallerie d’arte bolognesi, la Stefano Forni, sorta al civico 2 nel 1996, con le finestre che danno sotto il portico. Uno spazio molto particolare, con un lungo corridoio e una sala – ma anche una splendida corte – che da ieri ospita ’On my Border’, le fantasie tra digitale e tradizione della pittrice Elisa Grezzani, una delle ultime scoperte di Silvia Forni (nella foto). Una delle tante artiste passate da queste sale, frequentate da chi ama una ricerca consistente nell’ambito dell’arte contemporanea. Proprio come faceva il protagonista della panchina-scultura (di Antonello Paladino), Lucio Dalla, che, entrando per la prima volta alla Stefano Forni negli anni Novanta, in cerca di ispirazione, raccontò ai titolari, Stefano e Silvia, di essere cresciuto proprio lì. E che da "quella finestra" la madre modista poteva guardare ’piazza Grande’ mentre lavorava. Entrando in galleria dal grande portone, si va a sinistra e si sale qualche gradino, ci si ritrova in questo ambiente… ed è subito immaginazione. Che corre a un piccolo Lucio cresciuto con la mamma Iole Melotti (il papà Giuseppe, direttore del club del tiro a volo di Bologna, era morto nel 1950, quando Lucio aveva 7 anni) che faceva la stilista, creando abiti di gran classe. "Quando siamo entrati qui-ricorda Silvia Forni- è stata una piccola magia, anche se c’era il portone e quindi si doveva suonare, come in una casa". E prosegue: "Le sale erano confortevoli, il palazzo bello, la piazza bellissima, e ci siamo detti che volevamo provarci… Solo dopo tanti anni si è scoperto che questa era la casa di Dalla ed è stato lui a dirci che questa era la sua casa". Lucio Dalla era un cliente della Stefano Forni. "Non è mai entrato nei particolari- ci tiene a specificare la gallerista - ma per noi fu una sorpresa perché sapevamodella casa di via Marescotti, ma di questa casa non c’erano notizie". Ed entrando in questa ’storica’ dimora, si ha anche la conferma di un artista curioso anche nel suo lato di collezionista. "Non aveva un gusto unico- ricorda con affetto Silvia Forni- comprava quello che gli piaceva, non aveva in mente una collezione, lui poteva scegliere la cosa più figurativa come quella più astratta".

Benedetta Cucci